La Traviata delle Camelie - Pubblicato da ale inside

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Informazioni evento

Con Dario Vergassola e David Riondino e con International Chambers Players: Beibei Li, soprano / Fabio Battistelli, clarinetto / Augusto Vismara, violino / Riviera Lazeri, violoncello / adattamento musiche Pietro Paolo Vismara / collaborazione ai testi Dario
Tiano e Marco Melloni / Produzione Mauro Diazzi
Marguerite e Violetta: donne sull’orlo di una crisi respiratoria
Un viaggio attraverso musica e letteratura da “La Traviata” di Verdi a “La Dama delle Camelie” di Dumas. Lo spettacolo si snoda sull’interazione tra Riondino (il fine dicitore della storia) Vergassola (l’incredulo spettatore di tanta vicenda), la cantante (una Traviata che si racconta attraverso le famose arie) e la musica originale di Giuseppe Verdi arrangiata per ensemble da camera (clarinetto, violino, viola, violoncello), attraverso una serie di situazioni drammatiche (la vicenda lo impone) ma anche dissacranti. Colpa, peccato, gelosia, redenzione, felicità, sono i motori dei principali comportamenti umani, ma sono anche sentimenti spesso eccessivi sui quali può scivolare certa satira leggera.

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  • L'evento si tiene dal 04 Dic 2025 al 07 Dic 2025
    Gabriele Lavia, tra i più grandi maestri della scena teatrale, dirige e interpreta Re Lear, uno dei capolavori della drammaturgia shakespeariana che da oltre quattrocento anni custodisce le molteplici sfaccettature di un tempo ancora attuale. A più di 50 anni dal Re Lear di Giorgio Strehler che lo scelse per il ruolo di Edgar, in questa rilettura «composita, tra ragione e follia», è lo stesso Lavia a interpretare Lear, re potente che rinuncia al suo “essere” e consegna il regno nelle mani delle figlie, per tornare ad “essere” soltanto un padre. L’eterna tragedia del potere, dove si consuma la conflittualità del rapporto tra padri e figli/e, tra paternità ed eredità, irrompe sulla scena attraversata dal campionario di passioni, tradimenti e miserie dell’esistenza umana. Lavia definisce Re Lear una storia di perdite: perdita della ragione, perdita del Regno, perdita della fraternità. «Non resta che vivere in una tempesta. Ma la tempesta di Lear è la tempesta della sua mente […]. E ora vive il suo non-Essere nella Tempesta della mente, nella Tempesta che lo travolge. E tutti sono travolti. Tranne colui che più degli altri ha sofferto e può “essere-Re” della sofferenza come percorso di conoscenza» scrive Lavia nelle note di regia «“Essere o non essere” sono certamente le parole più importanti di tutto il Teatro Occidentale e, come sanno (quasi) tutti, le dice Amleto. Subito dopo “essere o non essere” Amleto dice: “Questa è la domanda”. Come se la vita di ogni uomo, non solo di Amleto, che ogni uomo lo sappia o no, non fosse altro che porsi questa domanda. Re Lear, invece, “nega” questa domanda e decide per il “Non essere”, non essere più Re. Dare via il proprio “essere” (il proprio regno) è come dare via la propria ombra (come nel famoso romanzo). Nel momento in cui Re Lear non è più Re è solo “Lear”. E che cos’è Lear se non è “più” Re? Non è che un “uomo”. Uno come tanti che non contano nulla. Non è che “nulla”. “Sono io Lear?…” si domanderà disperato». Gabriele Lavia, tra i più grandi maestri della scena teatrale, dirige e interpreta Re Lear, uno dei capolavori della drammaturgia shakespeariana che da oltre quattrocento anni custodisce le molteplici sfaccettature di un tempo ancora attuale. A più di 50 anni dal Re Lear di Giorgio Strehler che lo scelse per il ruolo di Edgar, in questa rilettura «composita, tra ragione e follia», è lo stesso Lavia a interpretare Lear, re potente che rinuncia al suo “essere” e consegna il regno nelle mani delle figlie, per tornare ad “essere” soltanto un padre. L’eterna tragedia del potere, dove si consuma la conflittualità del rapporto tra padri e figli/e, tra paternità ed eredità, irrompe sulla scena attraversata dal campionario di passioni, tradimenti e miserie dell’esistenza umana. Lavia definisce Re Lear una storia di perdite: perdita della ragione, perdita del Regno, perdita della fraternità. «Non resta che vivere in una tempesta. Ma la tempesta di Lear è la tempesta della sua mente […]. E ora vive il suo non-Essere nella Tempesta della mente, nella Tempesta che lo travolge. E tutti sono travolti. Tranne colui che più degli altri ha sofferto e può “essere-Re” della sofferenza come percorso di conoscenza» scrive Lavia nelle note di regia «“Essere o non essere” sono certamente le parole più importanti di tutto il Teatro Occidentale e, come sanno (quasi) tutti, le dice Amleto. Subito dopo “essere o non essere” Amleto dice: “Questa è la domanda”. Come se la vita di ogni uomo, non solo di Amleto, che ogni uomo lo sappia o no, non fosse altro che porsi questa domanda. Re Lear, invece, “nega” questa domanda e decide per il “Non essere”, non essere più Re. Dare via il proprio “essere” (il proprio regno) è come dare via la propria ombra (come nel famoso romanzo). Nel momento in cui Re Lear non è più Re è solo “Lear”. E che cos’è Lear se non è “più” Re? Non è che un “uomo”. Uno come tanti che non contano nulla. Non è che “nulla”. “Sono io Lear?…” si domanderà disperato». di William Shakespeare traduzione Angelo Dallagiacoma, Luigi Lunari regia Gabriele Lavia scene Alessandro Camera costumi Andrea Viotti luci Giuseppe Filipponio musiche Antonio Di Pofi suono Riccardo Benassi con Gabriele Lavia e con (in o.a.) Giovanni Arezzo, Giuseppe Benvegna, Eleonora Bernazza, Beatrice Ceccherini, Federica Di Martino, Ian Gualdani, Luca Lazzareschi, Mauro Mandolini, Andrea Nicolini, Giuseppe Pestillo, Gianluca Scaccia, Silvia Siravo, Lorenzo Tomazzoni, Alessandro Pizzuto produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Effimera s.r.l, LAC – Lugano Arte e Cultura durata: 210 minuti incluso un intervallo
  • Regie: Robert Palfrader Mit seinem Erfolgsprogramm „verwirrt“ ist Lukas Lobis erneut in der Carambolage zu Gast. Können Arnikaglobuli die Welt retten? Oder anders gefragt: Ist eine globulisierte Welt die Lösung aller Probleme? Nach anfänglichen, selbstverschuldeten Startschwierigkeiten begibt sich Lukas Lobis auf eine gefährliche Reise in die Wirren des postfaktischen Zeitalters. Und stolpert dabei über die eigenen, wahrscheinlich altersbedingten Unzulänglichkeiten. Frühdemenz? Man weiß es nicht. Aber Wissen ist eh Zweifel, nur wer alles glaubt, kann sich seiner Sache wirklich sicher sein. Auf der Suche nach den Ursachen seiner eigenen Verwirrung trifft Lukas Lobis auf seltsame Zeitgenossen und verstrickt sich in haarige Situationen. Am Ende holen ihn seine Tiroler Wurzeln ein. Und eine überraschende Erkenntnis, die noch niemand erlangt hat. Weil noch nie jemand auf die Idee gekommen ist, danach zu suchen. Warum auch?
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