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Informazioni evento

Compagnia Teatrale i Melannurca di Torino - Commedia in dialetto Napoletano - 3 atti di Eduardo De Filippo - Regia di Antonio Giuliano
Napoli 1958, sembra un fine settimana come gli altri in casa Priore.
Il sabato, Rosa, prepara il ragù per la domenica. Peppino il marito, però si sente trascurato e nutre una immotivata gelosia. La domenica, durante il pranzo Peppino denuncia, dinnanzi a tutti, la presunta tresca fra sua moglie e il loro vicino Luigi. Il Lunedì è il giorno dei ripensamenti…
Una commedia sempre attuale, che fa ridere e pensare, che tocca il cuore del pubblico, perché si immedesima nei protagonisti.

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  • L'evento si tiene dal 03 Gen 2026 al 04 Gen 2026
    Ginther (Thomas Hochkofler) und Irene (Karin Verdorfer) laden herzlich ein, gemeinsam das schönste Fest des Jahres zu feiern: Weihnachten! Eigentlich fehlt nur noch eine Lichterkette, und dann kann‘s losgehen! Aber was, wenn alles nicht so läuft wie geplant? Ständig wird der harmonischste Abend des Jahres gestört: zunächst vom Paketdienst, der die Krippe bringen sollte, dann von der Nachbarin, die nur schnell ein Geschenk für Ginther hat, dem Hausmeister, der neuerdings keinen Alkohol mehr trinkt, dem der Nusseler heute aber verdammt gut schmeckt, und zu guter Letzt vom Handwerker, der versprochen hatte, bis Weihnachten die Arbeiten fertigzustellen. Von „Leise rieselt der Schnee“ wird dann schnell „Leise kriselt die Eh“. Weihnachten wird zum explosivsten Fest des Jahres, aber … „eppes isch iberoll“! Nach „Schaffa schaffa Häusle baue“ und der Paartherapie „Ninderscht isch nicht“ gewähren Thomas Hochkofler und Karin Verdorfer nun mit „Eppes isch iberoll“ zum dritten Mal Einblick in ihr recht turbulentes Eheleben. Auch diesmal werden viele Paare schmunzelnd Parallelen zu ihrer eigenen Beziehung erkennen. Und mit dem Hausmeister, der einen Gastauftritt hat, gibt es eine überraschende Wiedergeburt, denn im Stück „Eppes Nuis“ hatte Hochkofler vor fünf Jahren die Figur eigentlich auf der Bühne sterben lassen.
  • L'evento si tiene dal 04 Dic 2025 al 07 Dic 2025
    Gabriele Lavia, tra i più grandi maestri della scena teatrale, dirige e interpreta Re Lear, uno dei capolavori della drammaturgia shakespeariana che da oltre quattrocento anni custodisce le molteplici sfaccettature di un tempo ancora attuale. A più di 50 anni dal Re Lear di Giorgio Strehler che lo scelse per il ruolo di Edgar, in questa rilettura «composita, tra ragione e follia», è lo stesso Lavia a interpretare Lear, re potente che rinuncia al suo “essere” e consegna il regno nelle mani delle figlie, per tornare ad “essere” soltanto un padre. L’eterna tragedia del potere, dove si consuma la conflittualità del rapporto tra padri e figli/e, tra paternità ed eredità, irrompe sulla scena attraversata dal campionario di passioni, tradimenti e miserie dell’esistenza umana. Lavia definisce Re Lear una storia di perdite: perdita della ragione, perdita del Regno, perdita della fraternità. «Non resta che vivere in una tempesta. Ma la tempesta di Lear è la tempesta della sua mente […]. E ora vive il suo non-Essere nella Tempesta della mente, nella Tempesta che lo travolge. E tutti sono travolti. Tranne colui che più degli altri ha sofferto e può “essere-Re” della sofferenza come percorso di conoscenza» scrive Lavia nelle note di regia «“Essere o non essere” sono certamente le parole più importanti di tutto il Teatro Occidentale e, come sanno (quasi) tutti, le dice Amleto. Subito dopo “essere o non essere” Amleto dice: “Questa è la domanda”. Come se la vita di ogni uomo, non solo di Amleto, che ogni uomo lo sappia o no, non fosse altro che porsi questa domanda. Re Lear, invece, “nega” questa domanda e decide per il “Non essere”, non essere più Re. Dare via il proprio “essere” (il proprio regno) è come dare via la propria ombra (come nel famoso romanzo). Nel momento in cui Re Lear non è più Re è solo “Lear”. E che cos’è Lear se non è “più” Re? Non è che un “uomo”. Uno come tanti che non contano nulla. Non è che “nulla”. “Sono io Lear?…” si domanderà disperato». Gabriele Lavia, tra i più grandi maestri della scena teatrale, dirige e interpreta Re Lear, uno dei capolavori della drammaturgia shakespeariana che da oltre quattrocento anni custodisce le molteplici sfaccettature di un tempo ancora attuale. A più di 50 anni dal Re Lear di Giorgio Strehler che lo scelse per il ruolo di Edgar, in questa rilettura «composita, tra ragione e follia», è lo stesso Lavia a interpretare Lear, re potente che rinuncia al suo “essere” e consegna il regno nelle mani delle figlie, per tornare ad “essere” soltanto un padre. L’eterna tragedia del potere, dove si consuma la conflittualità del rapporto tra padri e figli/e, tra paternità ed eredità, irrompe sulla scena attraversata dal campionario di passioni, tradimenti e miserie dell’esistenza umana. Lavia definisce Re Lear una storia di perdite: perdita della ragione, perdita del Regno, perdita della fraternità. «Non resta che vivere in una tempesta. Ma la tempesta di Lear è la tempesta della sua mente […]. E ora vive il suo non-Essere nella Tempesta della mente, nella Tempesta che lo travolge. E tutti sono travolti. Tranne colui che più degli altri ha sofferto e può “essere-Re” della sofferenza come percorso di conoscenza» scrive Lavia nelle note di regia «“Essere o non essere” sono certamente le parole più importanti di tutto il Teatro Occidentale e, come sanno (quasi) tutti, le dice Amleto. Subito dopo “essere o non essere” Amleto dice: “Questa è la domanda”. Come se la vita di ogni uomo, non solo di Amleto, che ogni uomo lo sappia o no, non fosse altro che porsi questa domanda. Re Lear, invece, “nega” questa domanda e decide per il “Non essere”, non essere più Re. Dare via il proprio “essere” (il proprio regno) è come dare via la propria ombra (come nel famoso romanzo). Nel momento in cui Re Lear non è più Re è solo “Lear”. E che cos’è Lear se non è “più” Re? Non è che un “uomo”. Uno come tanti che non contano nulla. Non è che “nulla”. “Sono io Lear?…” si domanderà disperato». di William Shakespeare traduzione Angelo Dallagiacoma, Luigi Lunari regia Gabriele Lavia scene Alessandro Camera costumi Andrea Viotti luci Giuseppe Filipponio musiche Antonio Di Pofi suono Riccardo Benassi con Gabriele Lavia e con (in o.a.) Giovanni Arezzo, Giuseppe Benvegna, Eleonora Bernazza, Beatrice Ceccherini, Federica Di Martino, Ian Gualdani, Luca Lazzareschi, Mauro Mandolini, Andrea Nicolini, Giuseppe Pestillo, Gianluca Scaccia, Silvia Siravo, Lorenzo Tomazzoni, Alessandro Pizzuto produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Effimera s.r.l, LAC – Lugano Arte e Cultura durata: 210 minuti incluso un intervallo
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    Testo vincitore del 57° Premio Riccione Teatro Dal 2016 il Teatro Stabile di Bolzano organizza Wordbox - Parole per il teatro, una rassegna di produzioni teatrali che porta il pubblico a stretto contatto con una parte della messa in scena solitamente inaccessibile come le prove dello spettacolo nel momento cruciale in cui si affinano personaggi, movimenti e quadri che andranno a comporre la pièce. Wordbox è sia fucina di ricerca testuale, sia un cantiere aperto al pubblico dove nascono e si sviluppano nuovi progetti e vengono svelati i processi creativi che portano alla realizzazione di uno spettacolo. Le parole sono le protagoniste assolute delle rappresentazioni, destinate a un numero ristretto di spettatori a recita. Bolzano, Sala Prove, 05-08 dicembre ore 18:00 LUCIA CAMMINAVA SOLA testi e regia Tolja Djokovic con Tolja Djokovic, Aura Ghezzi

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