MurX Festival 2015: Verliebt, verlobt, verkrampft nochmal! - Pubblicato da ale inside

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  • L'evento si tiene dal 04 Dic 2025 al 07 Dic 2025
    Gabriele Lavia, tra i più grandi maestri della scena teatrale, dirige e interpreta Re Lear, uno dei capolavori della drammaturgia shakespeariana che da oltre quattrocento anni custodisce le molteplici sfaccettature di un tempo ancora attuale. A più di 50 anni dal Re Lear di Giorgio Strehler che lo scelse per il ruolo di Edgar, in questa rilettura «composita, tra ragione e follia», è lo stesso Lavia a interpretare Lear, re potente che rinuncia al suo “essere” e consegna il regno nelle mani delle figlie, per tornare ad “essere” soltanto un padre. L’eterna tragedia del potere, dove si consuma la conflittualità del rapporto tra padri e figli/e, tra paternità ed eredità, irrompe sulla scena attraversata dal campionario di passioni, tradimenti e miserie dell’esistenza umana. Lavia definisce Re Lear una storia di perdite: perdita della ragione, perdita del Regno, perdita della fraternità. «Non resta che vivere in una tempesta. Ma la tempesta di Lear è la tempesta della sua mente […]. E ora vive il suo non-Essere nella Tempesta della mente, nella Tempesta che lo travolge. E tutti sono travolti. Tranne colui che più degli altri ha sofferto e può “essere-Re” della sofferenza come percorso di conoscenza» scrive Lavia nelle note di regia «“Essere o non essere” sono certamente le parole più importanti di tutto il Teatro Occidentale e, come sanno (quasi) tutti, le dice Amleto. Subito dopo “essere o non essere” Amleto dice: “Questa è la domanda”. Come se la vita di ogni uomo, non solo di Amleto, che ogni uomo lo sappia o no, non fosse altro che porsi questa domanda. Re Lear, invece, “nega” questa domanda e decide per il “Non essere”, non essere più Re. Dare via il proprio “essere” (il proprio regno) è come dare via la propria ombra (come nel famoso romanzo). Nel momento in cui Re Lear non è più Re è solo “Lear”. E che cos’è Lear se non è “più” Re? Non è che un “uomo”. Uno come tanti che non contano nulla. Non è che “nulla”. “Sono io Lear?…” si domanderà disperato». Gabriele Lavia, tra i più grandi maestri della scena teatrale, dirige e interpreta Re Lear, uno dei capolavori della drammaturgia shakespeariana che da oltre quattrocento anni custodisce le molteplici sfaccettature di un tempo ancora attuale. A più di 50 anni dal Re Lear di Giorgio Strehler che lo scelse per il ruolo di Edgar, in questa rilettura «composita, tra ragione e follia», è lo stesso Lavia a interpretare Lear, re potente che rinuncia al suo “essere” e consegna il regno nelle mani delle figlie, per tornare ad “essere” soltanto un padre. L’eterna tragedia del potere, dove si consuma la conflittualità del rapporto tra padri e figli/e, tra paternità ed eredità, irrompe sulla scena attraversata dal campionario di passioni, tradimenti e miserie dell’esistenza umana. Lavia definisce Re Lear una storia di perdite: perdita della ragione, perdita del Regno, perdita della fraternità. «Non resta che vivere in una tempesta. Ma la tempesta di Lear è la tempesta della sua mente […]. E ora vive il suo non-Essere nella Tempesta della mente, nella Tempesta che lo travolge. E tutti sono travolti. Tranne colui che più degli altri ha sofferto e può “essere-Re” della sofferenza come percorso di conoscenza» scrive Lavia nelle note di regia «“Essere o non essere” sono certamente le parole più importanti di tutto il Teatro Occidentale e, come sanno (quasi) tutti, le dice Amleto. Subito dopo “essere o non essere” Amleto dice: “Questa è la domanda”. Come se la vita di ogni uomo, non solo di Amleto, che ogni uomo lo sappia o no, non fosse altro che porsi questa domanda. Re Lear, invece, “nega” questa domanda e decide per il “Non essere”, non essere più Re. Dare via il proprio “essere” (il proprio regno) è come dare via la propria ombra (come nel famoso romanzo). Nel momento in cui Re Lear non è più Re è solo “Lear”. E che cos’è Lear se non è “più” Re? Non è che un “uomo”. Uno come tanti che non contano nulla. Non è che “nulla”. “Sono io Lear?…” si domanderà disperato». di William Shakespeare traduzione Angelo Dallagiacoma, Luigi Lunari regia Gabriele Lavia scene Alessandro Camera costumi Andrea Viotti luci Giuseppe Filipponio musiche Antonio Di Pofi suono Riccardo Benassi con Gabriele Lavia e con (in o.a.) Giovanni Arezzo, Giuseppe Benvegna, Eleonora Bernazza, Beatrice Ceccherini, Federica Di Martino, Ian Gualdani, Luca Lazzareschi, Mauro Mandolini, Andrea Nicolini, Giuseppe Pestillo, Gianluca Scaccia, Silvia Siravo, Lorenzo Tomazzoni, Alessandro Pizzuto produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Effimera s.r.l, LAC – Lugano Arte e Cultura durata: 210 minuti incluso un intervallo
  • la Compagnia Teatrale APS “AMICI DEL TEATRO DI PIANIGA” - (VE) I 39 SCALINI di Patrick Barlow Thriller brillante in due atti con la regia di Marco Sartorello Richard Hannay, un giovane uomo d'affari canadese da poco rientrato a Londra, per sconfiggere noia e malinconia, una sera si reca al London Palladium per assistere ad uno spettacolo di varietà. Qui incontra una donna affascinante, intrigante e misteriosa che gli chiede di trascorrere la notte nel suo appartamento. La mattina successiva, però, Hannay la ritrova uccisa con un grosso pugnale e ben presto realizza che la Polizia lo sospetta di essere l'autore di tale efferato omicidio: inizia così, per lui, una complicata, movimentata e rocambolesca lotta contro il tempo e le circostanze avverse per riuscire, nel contempo, ad evitare di venire arrestato, smascherare i veri assassini ed impedire che un pericolosissimo complotto contro l'Inghilterra venga portato a compimento da una oscura e spietata organizzazione criminale straniera denominata "I 39 Scalini".
  • 05.12.2025 Ore 20:00 Lanserhaus, Appiano In collaborazione con la Consulta Culturale Appiano, lasecondaluna presenta “Neo – Storia di una mamma”, una produzione ControTempo Teatro, di e con Diletta La Rosa. Neo-nati, neo-genitori. Neo-mamma. Un viaggio a voce sola nel neos, nel nuovo. Un monologo ironico e poetico sui primi mesi della maternità, quando si scopre il neo-nato, quando si diventa neo-mamma, attraverso gli occhi e la voce di una madre. Uno spaccato sociale sulla situazione italiana legata alla genitorialità e sul mito della maternità ancora da sfatare. Un racconto un po’ da ridere e un po’ da piangere per “andare a prendersi cura di sé come unica dote grazie alla quale potersi prendere cura degli altri”. L’evento si tiene presso la Lanserhaus di Appiano, in via Johann Georg Plazer 24 e si inserisce nel programma di eventi collaterali della mostra “+ 210x220/XX,00”. Il costo del biglietto è di 12 € e di 10 € per i soci della Consulta Culturale Appiano. Prenotazioni a info@lasecondaluna.eu o tramite messaggio WhatsApp al numero 351 7938928. Diletta La Rosa Ha studiato, tra gli altri, con Giorgio Sangati, Massimo Navone, Nicoletta Robello, Karina Arutyunyan, Paola Bigatto, Laura Moro, Michele Casarin, Ted Kejiser, Toni Cafiero. È attiva in qualità di attrice e partecipa a numerose serate di letture pubbliche in collaborazione con associazioni ed enti pubblici. In qualità di storyteller, partecipa inoltre a diverse attività proposte dall’associazione Sagapò Aps, prendendo parte a Festival Internazionali e collaborando con radio Rai Alto Adige. Dal 2017 lavora come educatrice teatrale nelle scuole primarie e secondarie di secondo grado in collaborazione con il Teatro Stabile di Bolzano e con l’associazione La Strada - Der Weg. È inoltre assistente e docente per i corsi Giovani in Scena e Giovani in Scena Young U14 promossi dal Teatro Stabile di Bolzano. Fondatrice, insieme a Flora Sarrubbo, Lucas Da Tos e Oscar Bettini, della compagnia teatrale ControTempo Teatro.

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