Palcoscenico al Lago 2013 - Uriah Heep in concerto - Pubblicato da ale inside

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Con Lady in Black, Easy Livin’, July Morning e molti altri top hits, la leggendaria rock band Uriah Heep ha fatto storia. Il gruppo vanta numerose tournee dagli Stati Uniti a Mosca, dove ha debuttato come prima band occidentale in assoluto nell’ambito dell’hard rock. Il loro stile, caratterizzato da composizioni polifoniche e un tocco a volte melodico- romantico, li rende unici al mondo. La formazione ha subito diversi cambiamenti dal 1971 a oggi. Dal 2008 la band si esibisce con un nuovo programma che vede Mick Box alla chitarra, Trevor Bolder al basso, Bernie Shaw alla voce, Phil Lanzon alla tastiera e Russell Gilbrook alla batteria. Fino ad oggi il gruppo Uriah Heep ha venduto più di trenta milioni di dischi e ha prodotto cinque US Top 40 albi. Il 6 agosto 2013 la rock band di culto farà tremare il palcoscenico al lago di Caldaro portando l’arte del rock alle stelle e chiudendo la rassegna del palcoscenico sul lago 2013 con un concerto indimenticabile.

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  • Entreda debant/Eintritt frei/Ingresso gratuito En colaborazion con la Consulta ladina dl Comun de Bulsan Sabrina Calligari: voice, guitar Melany Locatin: voice Mery Locatin: voice Gianpaolo Chiocchetti: guitar Nicolò Dorich: bass Daniele Chiocchetti: keyboard Tommaso Dondio: drums Un sound giovane che accende la serata con un mix di brani ladini inediti e grandi cover internazionali: Popcorner, sette musicisti della Val di Fassa, portano una ventata fresca e autentica nel panorama musicale ladino. Nati nel 2023 da workshop di songwriting e produzione, hanno già pubblicato il loro primo album “Utar piata” e calcato palchi di rilievo come il Ladinia Tour e Rock the Dolomites. La loro musica ‒ moderna, emotiva e aperta a più generi ‒ unisce la forza delle voci femminili alla complicità di una band affiatata. Il nome riflette la loro identità: “pop” significa “bambino” in ladino (e richiama il pop come genere), mentre “corner” vuol dire “vagabondo” – simbolo di libertà e ricerca sonora.
  • Nel Concerto per violino di Tchaikovsky “non si suona più il violino, lo si scompiglia, lo si straccia, lo si fa nero” inveisce il critico Eduard Hanslick dopo la prima esecuzione nel dicembre 1881 a Vienna. Il concerto viene scritto in seguito a un matrimonio andato a pezzi e a un crollo psichico. Il 18 luglio 1877, il compositore sposa la sua allieva Antonina Miljukova. “D’un tratto mi fu chiaro che nei confronti di mia moglie non provavo in realtà nemmeno un sentimento semplice, d’amicizia, bensì la aborrivo nel vero senso della parola”, confesserà alla sua benefattrice Nadezda von Meck. Le sue condizioni migliorano solo a Clarens, il paese di viticoltori sul Lago Lemano. È lì che nel 1878 compone il suo unico concerto per violino, che combina una profonda tristezza con una nuova speranza e gioia di vivere. La Rivoluzione francese sconvolge la società nobiliare europea – e Beethoven traduce nella Terza sinfonia questo cambiamento epocale con una musica che non mancherà di scioccare i suoi contemporanei. “Non sono soddisfatto dei lavori fatti fin qui; d’ora in poi voglio percorrere una nuova strada”, annuncia nel 1802. Su questa “nuova strada” troverà la sua Sinfonia Eroica, “scritta per celebrare la memoria di un grand’uomo”. Il grand’uomo è Napoleone, che nel 1804 tradirà però gli ideali di libertà autoproclamandosi “imperatore” dei francesi. Beethoven strapperà il primo foglio della partitura dal titolo “Bonaparte”.
  • Alla fine del 1946 Richard Strauss traspone in musica la poesia “Al tramonto” di Joseph von Eichendorff. Nel 1948 legge le opere liriche di Hermann Hesse e, pochi mesi più tardi, l’ormai ottantaquattrenne ha già completato tre Lieder con le sue poesie. Dopo la sua morte nel settembre 1949, l’editore Ernst Roth riunisce le opere per orchestra sotto il titolo “Quattro ultimi Lieder” – un grandioso necrologo al Lied romantico in cui il compositore cita anche il suo poema sinfonico “Morte e trasfigurazione”, composto 60 anni prima. “Nulla di originale” oppure “il primo vero evento musicale del XX secolo”? La quarta sinfonia di Gustav Mahler, composta originariamente nel 1899 e 1900 come umoresca sinfonica, lascia il pubblico interdetto. L’opera rinuncia al pathos romantico, l’organico orchestrale è ridotto, a prima vista il programma non è riconoscibile. La stravagante marcia funebre (“Totentanz”) nel secondo movimento è seguita nel finale – vero e proprio fulcro dell’opera verso cui tutto converge – dal Lied “Der Himmel hängt voller Geigen”, tratto da “Des Knaben Wunderhorn”. “Balliamo e saltelliamo”, esultano gli angeli in paradiso sul sottofondo di una musica che, affievolendosi a mano a mano, pare opporsi a quel senso dell’umorismo naif e infantile. Così Mahler descrive il mondo “all’incontrario” da lui raffigurato: “È tutto sottosopra, non vi è più alcun rapporto di causalità! È come scorgere all’improvviso la parte nascosta della luna.”

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