Vernissage: THE MAGNIFICENT 7 - Cinema Symbol Theatre Scenery Literature Sculpture Photography - Pubblicato da melanie inside

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Informazioni evento

Francesca Melandri, Karin Ferrari, Agata Erlacher, Arnold Mario Dall’O, Matthias Vieider, Gerd Sulzenbacher, Josef Rainer, Simon Perathoner, Jochen Unterhofer, Florian Geiser


Con The Magnificent Seven, la Galleria Prisma dell'associazione di artisti altoatesina “Südtiroler Künstlerbund” presenta dal 1 al 22 aprile un complesso di 7 diverse posizioni di artiste e artisti che, in una molteplicità di approcci, affrontano la tematica del film nell'arte. Le diverse modalità di espressione artistica incentrate sul film come forma d'arte di decennale tradizione provengono ad esempio dalla letteratura, dalla fotografia o dal teatro. Portano alla nascita di sculture e immagini; fermano il movimento in un'istantanea o mettono in moto impressioni silenti. Nella Galleria viene così installato il Cinema, sul cui piccolo schermo scorrono i documentari poetici VERA, di Francesca Melandri, e NAUZ, di Jochen Unterhofer e Florian Geiser, entrambi incentrati sulla vita e la morte, le due grandi tematiche dell'umanità.
Gerd Sulzenbacher e Matthias Vieider, artisti della parola, coinvolgono invece l'osservatore nella loro nebulosa attività, facendosi accompagnare, appunto fra le nubi, in un viaggio letterario che li porta nella località svizzera che, per eccellenza, è il luogo dei cineasti: Sils Maria.
L'artista Karin Ferrari, che nella serata di apertura presenterà pubblicamente il suo nuovo catalogo Coloring Book, indaga invece nel suo lavoro i simboli che emergono da filmati e videoclip. Immagini vive e misteriose passano sotto la sua lente, che li analizza e documenta.
Agata Erlacher presenta un lavoro su una mostra collettiva tenuta a Vilnius, la città lituana scelta per i suoi studi. Il video risultante da questa attività congiunta, Exhibition on Stage God from the Machine, riunisce in forma teatrale un'esposizione di diversi artisti internazionali: film, performance e palcoscenico teatrale trasformano insolitamente in un corto il progetto espositivo di questo gruppo di giovani artiste e artisti.
E mentre Simon Perathoner opta per un approccio fotografico alla tematica, Josef Rainer fissa scultoreamente in apparecchi televisivi sette scene chiave tratte da noti filmati cinematografici. Arnold Mario Dall'O rimanda infine nel suo lavoro al voyerismo nel cinema e sul grande schermo. Curatore della mostra è il mediatore culturale Martin Hanni.

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  • L'evento si tiene dal 08 Dic 2025 al 20 Dic 2025
    Camilla Prey, nata a Weimar (Germania) e cresciuta a Egna, è un’artista multidisciplinare. Ha una formazione in arti applicate, acquisita grazie ai suoi studi di gioielleria contemporanea a Lisbona e Tallinn. Dal 2022 è iscritta all’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera. How many scales on the eye? è la sua prima mostra personale in Alto Adige. Il termine inglese “scale” significa misura, bilancia e scaglia, aprendo così un ampio spettro tra percezioni, misurazioni e metamorfosi. Le opere si muovono tra equilibrio e rovesciamento, tra stabilità e transitorietà. Cera, metallo, bilance, luce e cerchi creano un sistema fluido e non incentrato su un risultato, ma sulle immense possibilità in continuo mutamento. La mostra ruota attorno a questioni di visioni, misurazioni e tempo: comprensioni e stratificazioni, il rapporto tra l’osservazione e ciò che essa produce, e il momento in cui tempo e materia si sovrappongono. Le opere di Camilla Prey non intendono raffigurare questi concetti – li rendono fisici attraverso la loro presenza. I materiali entrano in relazione, dialogano tra loro, reagiscono. Gli spazi intermedi, le giunture e i punti di contatto si attivano a vicenda. Accanto a elementi fusi e modellati compaiono anche ready-made: oggetti della vita quotidiana il cui significato muta in nuovi contesti. Recano tracce di usura e memoria, che però non vengono raccontate, bensì tradotte in altre relazioni. Processi, frammenti e transizioni non sono disturbi, ma parte della forma. All’inaugurazione, la mostra viene attivata da un dialogo a due voci, una sorta di “calibrazione della percezione”. Due voci si muovono attraverso il linguaggio come uno strumento di misura: narrano di visione, peso, memoria e luce, e di ciò che accade quando la percezione diventa materia. Le voci cambiano ruolo, spostano i toni e annullano le gerarchie tra uomo e sistema, materia e ombra. How many scales on the eye? apre uno spazio che mette in discussione gli strumenti della nostra percezione. Testo: Léa Manoussakis di-Bona
  • L'evento si tiene dal 11 Apr 2025 al 31 Gen 2026
    Edizioni Francesco Conz dalla Collezione Museion
  • L'evento si tiene dal 22 Nov 2025 al 14 Feb 2026
    Inaugurazione 21 novembre 2025, ore 19:00 Performance di danza di Susanna Recchia per Okwui Enwezor ore 20:00 Gruppo di lavoro (Arbeitsgemeinschaft) a cura di Francesca Recchia (1975, Avezzano, Italia) con Emma Snædis Recchia (2020, Morges, Svizzera) Con opere di Stefano Graziani (1971, Bologna, Italia), Lorenzo Tugnoli (1979, Lugo, Italia), Aziz Hazara (1992, Wardak, Afghanistan) Conversazione video: Francesca Recchia, con registrazioni di Sandi Hilal (1973, Beit Sahour, Palestina) e Alessandro Petti (1973, Pescara, Italia), [fondatori di Decolonising Architecture Art Research, 2007]; Ram Bhat (1981, Nuova Delhi, India), Ekta Mittal (1978, India), [fondatori di Maara, 2008]; Sanjay Kak (1958, Pune, India); Amanullah Mojadidi (1971, Jacksonville, USA); Jayaraj Sundaresan (1972, Thrissur, India) Pietre e conchiglie dipinte: Emma Snædis Recchia (2020, Morges, Svizzera) Libro tattile: Norwegian Afghanistan Committee (2025, Kabul) Adesivi: Anonymous Witness (Afghanistan) Il programma di Ar/Ge Kunst è curato da Zasha Colah e Francesca Verga. Il paese di dopodomani è una mostra che esplora la possibilità di immaginare futuri non immediati, a fianco a chi ne sarà protagonista. Nella visione curatoriale di Francesca Recchia, la mostra diventa un terreno di relazioni, una pratica politica e umana di lungo respiro, un intreccio di affetti e responsabilità che si sviluppano nel tempo, come una trama che cresce silenziosamente ma con costanza. Il titolo è stato scritto da Recchia insieme a sua nipote, Emma Snædis Recchia, quattro anni, che ha co-curato la mostra, e allude a un tempo altro, né il presente né un futuro utopico ma l’intervallo del “dopodomani”: un orizzonte in cui la responsabilità verso gli altri si coltiva come un seme sottoterra, invisibile ma vitale.

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