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Radames & Lohengrin - Pubblicato da martin_inside

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Informazioni evento

In un’unica serata la commedia e il dramma: due opere brevi e due maestri del Novecento! Radames di Peter Eötvös, ovvero la caricatura satirico-assurda del teatro contemporaneo: un attore d’opera si ritrova ad affrontare la tragica messa in scena di Aida di Verdi. In seguito ad un feroce taglio dei fondi alla cultura (ahi!), rimane solo, costretto ad interpretare sia la parte di Radames che di Aida – ma con ben tre registi sul palco! (una categoria sempre graziata dalle restrizioni di budget…). Il risultato è catastrofico! Un collasso di senso, dell’opera e dell’attore stesso (per il troppo stress!). L’altra faccia della commedia è il dramma: e nella contemporaneità, lo psicodramma. Lohengrin di Salvatore Sciarrino in scena la solitaria attesa della povera Elsa, abbandonata dal suo cavaliere Lohengrin, fuggito in cielo come un angelo deluso. In un lungo monologo, Elsa prova a ricostruire la sua condizione nel mondo, ma si inganna per fuggire dalla realtà, cioè la desolante quotidianità in sanatorio. La sperimentazione musicale e sonora di Sciarrino ci porta oltre il senso delle parole, dove solo la musica può condurre.

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  • Uno dei canovacci più rappresentati nella Parigi dei primi del ‘700, qui riproposto per la prima volta in epoca moderna, Il muto per spavento rappresenta un grande omaggio alla Commedia dell’Arte e all’abilità tutta italiana del fare di necessità virtù. 1716. Dopo circa quindici anni di esilio forzato i Comici Italiani tornano finalmente ad essere protagonisti del teatro parigino e lo fanno con una compagnia di tutto rispetto. Luigi Riccoboni in arte Lelio, capocomico della troupe, si circonda dei migliori interpreti dello stivale tra cui, per la prima volta in Francia, l’Arlecchino vicentino Tommaso Visentini (nomen omen), pronto a sostituire lo scomparso e amato Evaristo Gherardi. Ma il Visentini non parlava la lingua francese, deficit imperdonabile per il pubblico della capitale. Ed è qui che emerge il genio di Riccoboni nell’inventare un originale canovaccio dove il servo bergamasco diviene muto...per spavento! Questo Arlecchino, sicuramente originale per la scelta del canovaccio inedito e per la volontà di riportare alla ribalta dopo almeno 20 anni di silenzio la Commedia dell’Arte con il suo “repertorio” di strumenti del mestiere come la recitazione, il canto, la danza, il combattimento scenico, i lazzi e l’improvvisazione, testimonia la scelta di voler fare un “teatro d’arte per tutti”, come la vera e profonda vocazione di Stivalaccio Teatro. Un teatro popolare, ma ricco di spunti, in cui la tradizione della Commedia dell’Arte viene smontata e rimontata con gli strumenti di interpretazione e di lettura del XXI secolo, uno spettacolo in cui gioco, invenzione, amore, paura e dramma si mescolano, celati dalle smorfie inamovibili delle maschere e dall’abilità degli interpreti. Un canovaccio moderno, per utilizzare le parole di Eugenio Allegri, a cui è dedicato questo debutto, che va “alla ricerca della propria origine, della propria storia, del proprio presente per ritrovare la ‘memoria attiva’ di un discorso sul teatro e, attraverso il teatro, di un discorso sulla società”. Una trama in cui gli intrecci si ingarbugliano sugli equivoci, ma lentamente si dipanano tra le gesta dei personaggi. E se queste esili vicende, ambientate in un mondo surreale e fantastico, echi dello splendore teatrale italiano di tempi lontani riescono ancora a strappare un sorriso, forse in quel preciso istante potrà rinascere la poesia del teatro, per troppo tempo silenziata e muta. ispirato al canovaccio Arlequin muet par crainte di Luigi Riccoboni con (in o.a.) Sara Allevi, Marie Coutance, Matteo Cremon, Anna De Franceschi, Pierdomenico Simone, Michele Mori, Stefano Rota, Maria Luisa Zaltron, Marco Zoppello scenografia Alberto Nonnato costumi Licia Lucchese disegno luci Matteo Pozzobon e Paolo Pollo Rodighiero maschere Stefano Perocco di Meduna soggetto originale e regia Marco Zoppello duelli Massimiliano Cutrera consulenza musicale Ilaria Fantin trucco e parrucco Carolina Cubria assistente alla regia Francesca Botti assistente mascheraia Tullia Dalle Carbonare produzione STIVALACCIO TEATRO in coproduzione con Teatro Stabile di Bolzano, TSV - Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Verona con il sostegno della Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza e Fondazione Teatro Civico di Schio durata: 150 minuti
  • L'evento si tiene dal 25 Mar 2024 al 26 Mar 2024
    Nicht immer wird man im Leben da abgeholt, wo man steht. Im Falle einer Taxi-Fahrt ist das natürlich schon so. Außer, man hat keine Ahnung, wo man sich befindet. Oder kein Geld. Doch manchmal ist es im Leben eben auch nicht so einfach, den eigenen Standpunkt zweifelsfrei festzumachen. Weder emotional, noch politisch oder geografisch. Und manchmal fehlen eben auch die nötigen Mittel. Eva Karl Faltermeier findet heraus, wo wir alle abgeholt werden wollen, wohin die Fahrt geht und was sie uns kostet. Eine amüsante Fahrt – durch die Irrungen des Lebens – während der jede Sekunde zählt. Faltermeier ist alleinerziehende Mutter zweier Kinder und gelernte Journalistin. Mit ihrem ersten Bühnenprogramm „Es geht dahi“ überzeugte sie Kritiker und Publikum gleichermaßen. Bis jetzt hat sie bereits 10 Preise eingeheimst. Sie wurde u.a. mit dem Senkrechtstarter-Preis des Bayerischen Kabarettpreises, dem Newcomerpreis des Hessischen Kabarettpreises, dem Prix Pantheon, dem Stuttgarter Besen und dem Publikumspreis des Großen Kleinkunstfestivals in Berlin ausgezeichnet. Die Stadt Regensburg ehrte sie mit dem Kulturförderpreis. Eva Karl Faltermeier ist Host der Sendung „KARLSPLATZ – Talk und Tumult im BR Fernsehen" und schreibt Kolumnen für Bayern2. „(Sie) findet sofort einen Draht zu ihrem Publikum… sie ist sympathisch, wirkt nahbar und unterhaltsam.“ (Badische Zeitung)
  • Traviata è il primo capitolo di un coraggioso progetto firmato da Monica Casadei, eclettica coreografa emiliana formatasi fra Italia, Inghilterra, Francia e vari soggiorni in Oriente, dedicato al celebre Maestro Giuseppe Verdi, che si propone di tradurre nel linguaggio della danza i melodrammi più celebri del più amato compositore italiano. Quella della Casadei è una resa scenica viscerale, fiammante di ardore e tormento che sino ad ora non aveva avuto precedenti nella danza contemporanea. Una danza esplosiva di corpi cangianti e multiformi, immersi nelle tinte del candore del bianco, del rosso passionale e del nero dolente ed impuro. Nulla si risolve in questo Corpo a Corpo con Verdi. Dietro i valzer, il male che attende. Dietro le feste e la forma, una società in vendita, vuota, scintillante. Quella di Casadei è una Traviata letta dal punto di letta di Violetta: la sua storia d’amore, la malattia, la gelosia, la società, si fanno intime e si allargano a un profondo discorso intorno alla femminilità. L’opera arde di una nuova potenza evocativa. Quella di Violetta è una storia in cui il senso della fine scorre ad ogni alzar di calice. «È tardi. È tardi» canta Violetta gravemente malata di tisi, sente che la sua fine è ormai vicina e aspetta che Alfredo vada da lei. E la frase «È tardi» diventa la chiave di Traviata della compagnia Artemis. Due parole che risuonano come una campana a morte. Perché nulla può essere recuperato. Perché Violetta, in abito rosso, danza e il suo cuore non può che grondare sangue che - oltre alla malattia - è anche segno di una ferita interiore da cui non c’è che scampo. Coreografia, regia, scene, luci e costumi Monica Casadei Assistente alla coreografia Elena Bertuzzi Musiche Giuseppe Verdi Elaborazione musicale Luca Vianini Drammaturgia musicale Alessandro Taverna Produzione Compagnia Artemis Danza/Monica Casadei Coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Ferrara durata: 85 minuti