Transart - Low pieces - Pubblicato da ale inside

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Informazioni evento

XAVIER LE ROY > low pieces (2009 – 2011)
Con: Salka Ardal Rosengren, Sasa Asentic, Eleanor Bauer, Mette ingvarsten, Anne Juren, Krõõt Juurak, Neto Machado, Luìs Miguel Félix, Jan Ritsema, Manon Santkin, Christine De Smedt, Jefta van Dinther & Xavier le Roy
Esiste l’immagine sociale del danzatore? Come si modifica la percezione reciproca tra danzatore e spettatore? Come si può creare uno spazio comune?
Con queste domande, LOW PIECES, del coreografo francese Xavier Le Roy, vede impegnato uno straordinario team di otto interpreti e autori internazionali.
Rifiutando i codici dell’abito, rompendo la quarta parete con il reale dialogo tra i performer e il pubblico e sottraendo il movimento alle abitudini sociali, Le Roy ci propone una comunità in divenire.
Low Pieces non abbraccia alcuno standard. Sul palco regna un’altra intelligenza, l’intelligenza delle piante o degli animali, un’intelligenza che non ha bisogno di apparati di traduzione.
Si resta affascinati dai paesaggi coreografici che suggeriscono altre forme dello stare al mondo, ma anche dalla sensazione di condividere un’esperienza collettiva che non sia esclusivamente propria del teatro.

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  • L'evento si tiene dal 04 Dic 2025 al 07 Dic 2025
    Gabriele Lavia, tra i più grandi maestri della scena teatrale, dirige e interpreta Re Lear, uno dei capolavori della drammaturgia shakespeariana che da oltre quattrocento anni custodisce le molteplici sfaccettature di un tempo ancora attuale. A più di 50 anni dal Re Lear di Giorgio Strehler che lo scelse per il ruolo di Edgar, in questa rilettura «composita, tra ragione e follia», è lo stesso Lavia a interpretare Lear, re potente che rinuncia al suo “essere” e consegna il regno nelle mani delle figlie, per tornare ad “essere” soltanto un padre. L’eterna tragedia del potere, dove si consuma la conflittualità del rapporto tra padri e figli/e, tra paternità ed eredità, irrompe sulla scena attraversata dal campionario di passioni, tradimenti e miserie dell’esistenza umana. Lavia definisce Re Lear una storia di perdite: perdita della ragione, perdita del Regno, perdita della fraternità. «Non resta che vivere in una tempesta. Ma la tempesta di Lear è la tempesta della sua mente […]. E ora vive il suo non-Essere nella Tempesta della mente, nella Tempesta che lo travolge. E tutti sono travolti. Tranne colui che più degli altri ha sofferto e può “essere-Re” della sofferenza come percorso di conoscenza» scrive Lavia nelle note di regia «“Essere o non essere” sono certamente le parole più importanti di tutto il Teatro Occidentale e, come sanno (quasi) tutti, le dice Amleto. Subito dopo “essere o non essere” Amleto dice: “Questa è la domanda”. Come se la vita di ogni uomo, non solo di Amleto, che ogni uomo lo sappia o no, non fosse altro che porsi questa domanda. Re Lear, invece, “nega” questa domanda e decide per il “Non essere”, non essere più Re. Dare via il proprio “essere” (il proprio regno) è come dare via la propria ombra (come nel famoso romanzo). Nel momento in cui Re Lear non è più Re è solo “Lear”. E che cos’è Lear se non è “più” Re? Non è che un “uomo”. Uno come tanti che non contano nulla. Non è che “nulla”. “Sono io Lear?…” si domanderà disperato». Gabriele Lavia, tra i più grandi maestri della scena teatrale, dirige e interpreta Re Lear, uno dei capolavori della drammaturgia shakespeariana che da oltre quattrocento anni custodisce le molteplici sfaccettature di un tempo ancora attuale. A più di 50 anni dal Re Lear di Giorgio Strehler che lo scelse per il ruolo di Edgar, in questa rilettura «composita, tra ragione e follia», è lo stesso Lavia a interpretare Lear, re potente che rinuncia al suo “essere” e consegna il regno nelle mani delle figlie, per tornare ad “essere” soltanto un padre. L’eterna tragedia del potere, dove si consuma la conflittualità del rapporto tra padri e figli/e, tra paternità ed eredità, irrompe sulla scena attraversata dal campionario di passioni, tradimenti e miserie dell’esistenza umana. Lavia definisce Re Lear una storia di perdite: perdita della ragione, perdita del Regno, perdita della fraternità. «Non resta che vivere in una tempesta. Ma la tempesta di Lear è la tempesta della sua mente […]. E ora vive il suo non-Essere nella Tempesta della mente, nella Tempesta che lo travolge. E tutti sono travolti. Tranne colui che più degli altri ha sofferto e può “essere-Re” della sofferenza come percorso di conoscenza» scrive Lavia nelle note di regia «“Essere o non essere” sono certamente le parole più importanti di tutto il Teatro Occidentale e, come sanno (quasi) tutti, le dice Amleto. Subito dopo “essere o non essere” Amleto dice: “Questa è la domanda”. Come se la vita di ogni uomo, non solo di Amleto, che ogni uomo lo sappia o no, non fosse altro che porsi questa domanda. Re Lear, invece, “nega” questa domanda e decide per il “Non essere”, non essere più Re. Dare via il proprio “essere” (il proprio regno) è come dare via la propria ombra (come nel famoso romanzo). Nel momento in cui Re Lear non è più Re è solo “Lear”. E che cos’è Lear se non è “più” Re? Non è che un “uomo”. Uno come tanti che non contano nulla. Non è che “nulla”. “Sono io Lear?…” si domanderà disperato». di William Shakespeare traduzione Angelo Dallagiacoma, Luigi Lunari regia Gabriele Lavia scene Alessandro Camera costumi Andrea Viotti luci Giuseppe Filipponio musiche Antonio Di Pofi suono Riccardo Benassi con Gabriele Lavia e con (in o.a.) Giovanni Arezzo, Giuseppe Benvegna, Eleonora Bernazza, Beatrice Ceccherini, Federica Di Martino, Ian Gualdani, Luca Lazzareschi, Mauro Mandolini, Andrea Nicolini, Giuseppe Pestillo, Gianluca Scaccia, Silvia Siravo, Lorenzo Tomazzoni, Alessandro Pizzuto produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Effimera s.r.l, LAC – Lugano Arte e Cultura durata: 210 minuti incluso un intervallo
  • Uno spettacolo di e con Daiana Tripodi. Un cammino tortuoso alla ricerca di quei suoni viscerali dell’animo umano, che solo una donna, ferita nel suo orgoglio, può possedere. Un viaggio interpretato nella lingua originaria dell’attrice, il calabrese: alcune cose si possono dire solo se ti appartengono fino in fondo. Un viaggio, alla scoperta dell’io più profondo dell’essere donna, dell’essere madre. “ Comu pozzu jeu jettari sangu! Jeu Medea, figghia di re!!” Si capisce anche se non si conosce il calabrese, perchè l'emozione arriva a chi sa ascoltare col cuore. Daiana Tripodi attrice calabrese, residente a Merano. Offerta 15 euro posti limitati si prega di prenotare
  • Regie: Robert Palfrader Mit seinem Erfolgsprogramm „verwirrt“ ist Lukas Lobis erneut in der Carambolage zu Gast. Können Arnikaglobuli die Welt retten? Oder anders gefragt: Ist eine globulisierte Welt die Lösung aller Probleme? Nach anfänglichen, selbstverschuldeten Startschwierigkeiten begibt sich Lukas Lobis auf eine gefährliche Reise in die Wirren des postfaktischen Zeitalters. Und stolpert dabei über die eigenen, wahrscheinlich altersbedingten Unzulänglichkeiten. Frühdemenz? Man weiß es nicht. Aber Wissen ist eh Zweifel, nur wer alles glaubt, kann sich seiner Sache wirklich sicher sein. Auf der Suche nach den Ursachen seiner eigenen Verwirrung trifft Lukas Lobis auf seltsame Zeitgenossen und verstrickt sich in haarige Situationen. Am Ende holen ihn seine Tiroler Wurzeln ein. Und eine überraschende Erkenntnis, die noch niemand erlangt hat. Weil noch nie jemand auf die Idee gekommen ist, danach zu suchen. Warum auch?

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