Lois Anvidalfarei & Sophie Eymond - Dialogue - Pubblicato da Galleria Alessandro Casciaro

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Informazioni evento

Una scultrice e uno scultore si confrontano a tu per tu in un dialogo amichevole e suggestivo: con Sophie Eymond e Lois Anvidalfarei, la Galleria Alessandro Casciaro mette in mostra due posizioni di spicco e distintive della scena artistica altoatesina. Eymond e Anvidalfarei provengono da generazioni e contesti culturali diversi, ma sono accomunati dall'amore per la materia
e da un intimo confronto con i temi essenziali del nostro essere. Sophie Eymond (Francia, Clamart, 1991) è una delle artiste emergenti di recente adozione italiana. L'artista, che ha ricevuto il Premio Richard Agreiter nel 2023, si dedica in modo innovativo a un medium che fino a poco tempo fa era fortemente dominato dal genere maschile, soprattutto in Alto Adige, e di cui Lois Anvidalfarei ne è una delle personalità artistiche più influenti. La sua opera scultorea, infatti, da molti anni dà un importante contributo alla scena artistica contemporanea sudtirolese ed è apprezzata anche ben oltre i suoi stessi confini.

"La fragilità dell'essere umano mi turba", afferma Sophie Eymond. L'artista combina approcci tradizionali e contemporanei, accosta in modo innovativo materiali diversi e indaga nuovi modi di intendere concettualmente la scultura. In particolare, riesce a infondere al suo operato artistico una grande tenerezza e intimità, una poesia enigmatica e una magia che evocano meraviglia. Eymond combina spesso tessuti (ricamati) con stampi in gesso e/o poliestere. Questo crea forme plastiche, corpi scultorei, a volte antropomorfi, ma sempre carichi di significato. "Il tessuto ha questa forte capacità di esprimere la frangibilità in modo straordinario!", sottolinea l'artista. "È un materiale totalmente paradossale: povero, banale, ordinario (per non dire scontato), ma è anche ricco, delicato, sottile, essenziale, puro, protettivo, personale e meglio ancora: intimo!". Eymond ama utilizzare vecchie lenzuola, tessuti che raccontano una storia che è leggibile solo fino a un certo punto e che evocano un valore emotivo e personale. Questo conferisce alle sue sculture, spesso catturate in momenti di introspettivo raccoglimento, un ulteriore senso di umanità e vulnerabilità. Si tratta di un lavoro sensitivo più che intellettuale, insiste l'artista, anche se ovviamente dietro vi è sempre una visione. "Devo farlo per esprimere, percepire e comprendere attraverso la materia".

Lois Anvidalfarei contempla l'essere e la nostra esistenza con uno sguardo privo di orpelli, ma anche con molto amore. Forma sculture massicce in gesso e le fonde in bronzo. I suoi corpi umani ingigantiti sono gettati nel mondo
e alla sua mercé, in piedi o sdraiati, con gli arti distesi o in posizione rannicchiata, ridotti all'essenziale. L'artista anima la materia, prende a modello il corpo reale, spesso anche il proprio. Per lui l'opera è un inevitabile confronto con sé stesso e con il suo stato d'animo. "Tutto nasce sempre da me, dai miei pensieri, dalle mie mani", sottolinea Anvidalfarei, per arrivare attraverso questo processo "a una dimensione universale che non riguarda poi solo me come individuo, ma più persone, tutta l'umanità."
Oltre alle nuove sculture, sono esposti anche i suoi disegni. Per l'artista,
i tratti e le incisioni sulla carta non sono un'anticipazione della scultura che sta nascendo, ma una tappa indipendente del suo percorso di cui non può
e non vuole fare a meno. Anche in questo caso, spesso è l'artista stesso che
si guarda curiosamente allo specchio e poi, scalfendo selvaggiamente, lotta contro la figurazione. I disegni raccontano sia il piacere che il fardello del corpo, indulgente e disperato, combattivo e rassegnato, desideroso di mostrarsi e allo stesso tempo riservato. "Quando disegno non penso, vivo.
E ciò che viene vissuto sulla carta deve essere archiviato: Non è altro che
il ricordo della passione di quello stesso momento".

In occasione dell'inaugurazione sarà presentata anche la nuova monografia "Lois Anvidalfarei. Conditio Humana", a cura di Günther Oberhollenzer,
con testi di Günther Oberhollenzer, Peter Zumthor e Roberta Dapunt, pubblicato da Folio Verlag Wien/Bozen.

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Contatti :

Date e orari evento :

Note sugli orari :

Sabato / Samstag, ore 10-12.30 Uhr


Vernissage: 20.20.2023 ore 18.00 Uhr
Introduzione e testo critico /Einführung und kritischer Text: Günther Oberhollenzer
Saranno presenti gli artisti. Die Künstler werden anwesend sein.

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  • Vincenzo Merola si innesta con il suo lavoro su una doppia tradizione, quella dell’arte concreta e delle sperimentazioni verbovisive. Linguaggi apparentemente molto diversi ma che condividono tra loro l’ambizione a utilizzare il piano bidimensionale del supporto come campo per investigazioni di natura rigorosa e concettuale che, però, riescano ad avere anche un aggancio di natura estetica. Ciò che però costituisce la peculiarità e la freschezza nella ricerca di Merola è la capacità di servirsi di questi esempi ormai storicizzati per deviarli ai suoi scopi. In questa maniera, all’interno di forme nate da una certa rigidità e chiusura, cominciano a fare capolino aspetti che riguardano la casualità, la comunicazione, la cronaca, il corpo e la propria quotidianità. Si possono così incontrare diagrammi che traspongono e analizzano drammatici fatti di cronaca, simbolismi geometrici che mappano il proprio orizzonte esistenziale giornaliero oppure quadri astratto-concreti formati applicando sistemi compositivi aleatori. È forse in questo che si inserisce l’eresia e la deviazione più sensibile nel lavoro dell’artista: realizzare opere compositivamente ineccepibili, riferimento a una storia molto attenta agli equilibri del dipinto, che per assurdo vengono portate a termine senza investimento intimo ed emozionale. In questo affidamento al caso c’è in realtà una profonda consapevolezza della relatività di tutte le cose, come anche della piccolezza dell’umano nei confronti della realtà nella sua interezza. Per Merola questa operatività è un modo per uscire da se stesso e vedere in maniera più spersonalizzata. Per l’osservatore è un invito a riconsiderare la propria posizione nel mondo, apprezzando anche equilibri cromatici che stimolano l’attenzione per la loro delicatezza e leggerezza. Vincenzo Merola è nato nel 1979 a Campobasso, dove vive e lavora. Tra le più recenti mostre personali si segnalano: Un lancio di dadi (a cura di Angela Madesani, presso BI-BOx Art Space a Biella), Frequenze (a cura di Matteo Galbiati, presso Maurizio Caldirola Arte Contemporanea a Monza), Silent Borders (a cura di Lorenzo Canova e Piernicola Maria Di Iorio, presso il Centro di arte contemporanea dell’Università del Molise) e Diapason | Alighiero Boetti - Vincenzo Merola (a cura di Valerio Dehò, presso la Galleria Stefano Forni a Bologna); tra le collettive: Orthogonal Landscape (presso Manuel Zoia Gallery a Milano), Cantiere tempo (a cura di Matteo Galbiati, presso Villa Reale a Monza), Nuove opere della collezione tra acquisizioni e proposte (a cura di Bruno Corà e Tommaso Evangelista, presso il CAMUSAC a Cassino) e le partecipazioni a numerose fiere in Italia e all’estero (Arte Fiera - Bologna, ArtVerona, Art Karlsruhe, ART.FAIR - Cologne, Drawing Room - Madrid, Art Bodensee - Dornbirn).

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