BZ Danza: Mette Ingvartsen - Delirious Night - Pubblicato da FondazioneHaydnStiftung

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Nove danzatori, una delirante notte di danza e musica: per la prima volta in Italia l’ultima, esplosiva performance firmata Mette Ingvartsen, con le musiche dal vivo di Will Guthrie Quando il sole tramonta, le regole quotidiane vengono temporaneamente sospese e si apre uno spazio invitante, aperto al gioco ma denso di elettricità e di mistero. In una delirante notte di danza e musica, i corpi dei nove protagonisti sono spinti da esplosioni contagiose, in una danza inarrestabile e ribelle, persi in un oceano di sensazioni incontrollabili, dove edonismo ed esorcismo, gioia e tristezza, prosperano in un’atmosfera inebriante di collettività. Accompagnato dalla partitura live di Will Guthrie, geniale percussionista australiano fondatore dell’Ensemble Nist-Nah, Delirious Night è un tentativo di esplorare gli stati eccessivi del movimento, per capire come queste istanze di follia possano essere intese oggi come eventi sociali e politici. Una sfida alle regole del comportamento cosiddetto “normale”, ma anche un antidoto necessario alle difficoltà e al disagio emotivo in cui si trova immersa la società post-pandemica. Un’altra straordinaria prima italiana firmata Bolzano Danza.

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  • Natale in casa Cupiello è la commedia che Eduardo definì “parto trigemino con gravidanza di quattro anni”. Andò in scena per la prima volta il giorno di Natale del 1931, come atto unico (l’attuale secondo atto), al cinema Teatro Kursaal di Napoli con la compagnia «Teatro Umoristico I De Filippo». Il copione include una lettera di Nennillo datata 29 gennaio 1932. A Natale del 1932, venne rappresentata in due atti (primo e secondo) al Teatro Sannazaro di Napoli. Il 4 novembre 1933, nella stessa versione, fu rappresentata al Teatro Valle di Roma alla presenza della famiglia reale, a conclusione della tournée di San Remo. Il 9 aprile 1934 Eduardo aggiunse il terzo atto, presentato per la prima volta a Milano. Il 21 dicembre 1936, l’opera completa in tre atti fu rappresentata per la prima volta a Napoli. La rivista Il Dramma la pubblicò nel 1943 nella versione definitiva. Luna Nova la mette in scena nel rispetto della tradizione e dei canoni del Teatro Eduardiano, pur accelerandone i ritmi per adattarli alla sensibilità contemporanea. Compagnia Luna Nova APS - Latina regia Roberto Becchimanzi aiuto regia e tecnica Sara Pane cast R. Becchimanzi, L. Guarino, R. Calì, R. Pagano, F. Sorrentino, G. Pannone, R. Stabellini, A. Lungo, R. Senese, N. Damiano, R. Nardi, G. Callori, R. Petrosino, G. Piscopo
  • L'evento si tiene dal 04 Dic 2025 al 07 Dic 2025
    Gabriele Lavia, tra i più grandi maestri della scena teatrale, dirige e interpreta Re Lear, uno dei capolavori della drammaturgia shakespeariana che da oltre quattrocento anni custodisce le molteplici sfaccettature di un tempo ancora attuale. A più di 50 anni dal Re Lear di Giorgio Strehler che lo scelse per il ruolo di Edgar, in questa rilettura «composita, tra ragione e follia», è lo stesso Lavia a interpretare Lear, re potente che rinuncia al suo “essere” e consegna il regno nelle mani delle figlie, per tornare ad “essere” soltanto un padre. L’eterna tragedia del potere, dove si consuma la conflittualità del rapporto tra padri e figli/e, tra paternità ed eredità, irrompe sulla scena attraversata dal campionario di passioni, tradimenti e miserie dell’esistenza umana. Lavia definisce Re Lear una storia di perdite: perdita della ragione, perdita del Regno, perdita della fraternità. «Non resta che vivere in una tempesta. Ma la tempesta di Lear è la tempesta della sua mente […]. E ora vive il suo non-Essere nella Tempesta della mente, nella Tempesta che lo travolge. E tutti sono travolti. Tranne colui che più degli altri ha sofferto e può “essere-Re” della sofferenza come percorso di conoscenza» scrive Lavia nelle note di regia «“Essere o non essere” sono certamente le parole più importanti di tutto il Teatro Occidentale e, come sanno (quasi) tutti, le dice Amleto. Subito dopo “essere o non essere” Amleto dice: “Questa è la domanda”. Come se la vita di ogni uomo, non solo di Amleto, che ogni uomo lo sappia o no, non fosse altro che porsi questa domanda. Re Lear, invece, “nega” questa domanda e decide per il “Non essere”, non essere più Re. Dare via il proprio “essere” (il proprio regno) è come dare via la propria ombra (come nel famoso romanzo). Nel momento in cui Re Lear non è più Re è solo “Lear”. E che cos’è Lear se non è “più” Re? Non è che un “uomo”. Uno come tanti che non contano nulla. Non è che “nulla”. “Sono io Lear?…” si domanderà disperato». Gabriele Lavia, tra i più grandi maestri della scena teatrale, dirige e interpreta Re Lear, uno dei capolavori della drammaturgia shakespeariana che da oltre quattrocento anni custodisce le molteplici sfaccettature di un tempo ancora attuale. A più di 50 anni dal Re Lear di Giorgio Strehler che lo scelse per il ruolo di Edgar, in questa rilettura «composita, tra ragione e follia», è lo stesso Lavia a interpretare Lear, re potente che rinuncia al suo “essere” e consegna il regno nelle mani delle figlie, per tornare ad “essere” soltanto un padre. L’eterna tragedia del potere, dove si consuma la conflittualità del rapporto tra padri e figli/e, tra paternità ed eredità, irrompe sulla scena attraversata dal campionario di passioni, tradimenti e miserie dell’esistenza umana. Lavia definisce Re Lear una storia di perdite: perdita della ragione, perdita del Regno, perdita della fraternità. «Non resta che vivere in una tempesta. Ma la tempesta di Lear è la tempesta della sua mente […]. E ora vive il suo non-Essere nella Tempesta della mente, nella Tempesta che lo travolge. E tutti sono travolti. Tranne colui che più degli altri ha sofferto e può “essere-Re” della sofferenza come percorso di conoscenza» scrive Lavia nelle note di regia «“Essere o non essere” sono certamente le parole più importanti di tutto il Teatro Occidentale e, come sanno (quasi) tutti, le dice Amleto. Subito dopo “essere o non essere” Amleto dice: “Questa è la domanda”. Come se la vita di ogni uomo, non solo di Amleto, che ogni uomo lo sappia o no, non fosse altro che porsi questa domanda. Re Lear, invece, “nega” questa domanda e decide per il “Non essere”, non essere più Re. Dare via il proprio “essere” (il proprio regno) è come dare via la propria ombra (come nel famoso romanzo). Nel momento in cui Re Lear non è più Re è solo “Lear”. E che cos’è Lear se non è “più” Re? Non è che un “uomo”. Uno come tanti che non contano nulla. Non è che “nulla”. “Sono io Lear?…” si domanderà disperato». di William Shakespeare traduzione Angelo Dallagiacoma, Luigi Lunari regia Gabriele Lavia scene Alessandro Camera costumi Andrea Viotti luci Giuseppe Filipponio musiche Antonio Di Pofi suono Riccardo Benassi con Gabriele Lavia e con (in o.a.) Giovanni Arezzo, Giuseppe Benvegna, Eleonora Bernazza, Beatrice Ceccherini, Federica Di Martino, Ian Gualdani, Luca Lazzareschi, Mauro Mandolini, Andrea Nicolini, Giuseppe Pestillo, Gianluca Scaccia, Silvia Siravo, Lorenzo Tomazzoni, Alessandro Pizzuto produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Effimera s.r.l, LAC – Lugano Arte e Cultura durata: 210 minuti incluso un intervallo

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