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Monkey Mind (espressione anglosassone, di derivazione buddista, che significa “mente senza riposo” in relazione all’atteggiamento delle scimmie che non smettono mai di balzare da un ramo all’altro) è uno spettacolo per cinque danzatori, tre con Sindrome di Down, che indaga l’inaspettato. Primo lavoro di Lisi Estaras con danzatori disabili, Kobe, Hannah e Fernando hanno subito conquistato la coreografa spingendola ad interrogarsi su un tema: possono cinque individui incontrarsi veramente? E quanto il loro incontro è influenzato dal fatto che tre individui hanno la sindrome di Down? Ispirata dal libro Autoportrait dello scrittore francese morto suicida Edouard Levé – un susseguirsi di frasi sconnesse e non commentate –-e da alcune immagini della fotografa statunitense Diane Arbus che ritraggono gli esseri umani nella loro diversità, nello scostarsi dalla "normalità" data per scontata, Estaras su suoni percussivi e pulsazioni cardiache composte da Bartold Uyttersprot esplora la velocità del pensiero di ciascun interprete. Ognuno isolato nella sua ‘bolla’ e costantemente esposto allo sguardo dell’altro eppure partecipe di qualcosa. Definendo uno spazio comune - abitato solo da cassette di legno - i cinque danzatori si trovano e si scontrano attraverso i corpi, i gesti, i ritmi e gli sguardi: a volte la loro comunicazione è completa, a volte è segnata dall’abisso. A volte si instaura fiducia, altre volte assoluta diffidenza. Un’ode alla tolleranza, alla libera comunicazione di ciascuno.