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di e con Danio Manfredini collaborazione al progetto Andrea Mazza, Luisella Del Mar, Lucia Manghi, Vincenzo Del Prete Prende il titolo da un’opera pittorica di Francis Bacon lo spettacolo Tre studi per una crocifissione di Danio Manfredini. Tre dipinti accostati uno all'altro, dove il lacerante e grottesco tratto del pittore irlandese rappresenta tre figure che evocano la condizione drammatica di soggetti appartenenti al mondo contemporaneo. Traendo spunto dall’opera del pittore maledetto, Manfredini porta in scena tre soggetti marginali accomunati dalla loro solitudine, dal loro stato di abbandono e di degrado, dal loro bisogno di affetto e di contatto con l’altro. Il primo studio ritrae un personaggio che vive in un contesto psichiatrico, realtà che Manfredini conosce in profondità, avendo lavorato in prima persona e per lungo tempo in questo ambiente. Qui vaga tra poche sedie vuote, abitate dai fantasmi della sua memoria… Il secondo monologo racconta di un transessuale ed è ispirato ad un personaggio di Un anno con tredici lune di Rainer Werner Fassbinder: allo stremo delle forze, Elvira fa i conti con una vita di maltrattamenti, separazioni e assenze prima del gesto tragico che la conclude. Il terzo studio, ispirato ad un personaggio di La notte poco prima della tempesta del drammaturgo francese Bernard-Marie Koltès, ritrae un extracomunitario alle prese con una grande città europea: strade, parchi, barboni, polizia e il desiderio di colmare la solitudine con un incontro e condividere una notte di pioggia. I personaggi interpretati da Manfredini mostrano nell'evidenza del loro dolore, nell'impossibilità di nasconderne i segni, nella loro disperata euforia, le ferite nascoste dell'esistenza. Vincitore di quattro Premi Ubu, gli Oscar del teatro italiano, dagli anni Settanta Danio Manfredini ha intrapreso un percorso artistico eccentrico, fuori dal tracciato codificato, ma basato su una ferrea disciplina etica ed espressiva. I suoi lavori sono organismi viventi, che nascono e crescono nutrendosi dell’energia dell’autore. Quello di Manfredini non è solo teatro, ma è anche pittura, perché nei suoi gesti minimi e ineluttabili si condensano insieme la traiettoria della mano che traccia il segno e il segno stesso. È danza, nel ritmo e nella concatenazione dei movimenti, nell’occupazione dello spazio. È poesia, nella riflessione sulla marginalità e sul diverso che costituisce forse il filo rosso di tutto il suo percorso: sofferta e mai esibita, che rifugge da ogni sentimentalismo e banalità. Nel 2013 riceve il Premio Lo Straniero come “maestro di tanti pur restando pervicacemente ai margini dei grandi circuiti e refrattario alle tentazioni del successo mediatico”.