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“Se Haydn fosse vissuto ai nostri giorni, egli avrebbe parte del suo vecchio stile, pur accettando nello stesso tempo qualcosa di nuovo”. Con queste parole Sergej Prokof’ev presenta, nella propria autobiografia, la sua Prima Sinfonia, composta a 25 anni tra il 1916 e il 1917, pochi anni dopo essersi diplomato al Conservatorio di San Pietroburgo ma già compositore e pianista in carriera. La Sinfonia “Classica” è un’ulteriore dimostrazione di quell’interesse crescente per la riscoperta della musica “antica” che dal tardo Ottocento circolava in Europa. Un altro esempio di questo ritorno alla classicità è l’Apollon Musagète di Stravinskij, un balletto “basato su momenti o episodi della mitologia greca interpretati plasticamente da ballerini della cosiddetta scuola classica”, come riporta lo stesso Stravinskij nelle sue Cronache. Il tema è quello di Apollo e delle muse, un grande omaggio al Seicento francese, ma anche al ballet blanc, espressione del balletto ottocentesco più eterea e fantasiosa, in cui Stravinskij vedeva “una meravigliosa freschezza, il prodotto dell'assenza di ogni attrattiva policroma e di ogni sovrabbondanza”. Caratteristiche, queste, che si applicano interamente anche all’Apollon stravinskiano. Freschezza ed essenzialità sono anche le caratteristiche del Concerto per oboe di Strauss, prodotto della maturità straussiana e un omaggio all’amatissimo Mozart. La genesi del Concerto è strettamente legata alla fine della Seconda Guerra Mondiale: nel 1945, Strauss si era ritirato presso la propria villa a Garmisch, in cui ricevette numerose visite; tra queste, il soldato-oboista americano John De Lancie, che propose a Strauss di scrivere un concerto per oboe – ricevendo inizialmente un secco rifiuto, poi rapidamente smentito da Strauss, che in pochi mesi aveva già terminato la partitura.