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Woland sancisce il debutto di tre musicisti che, pur conoscendosi e stimandosi vicendevolmente, mai avevano inciso insieme prima d'ora. I protagonisti mantengono, all'interno della suite, però, una loro particolare identità. Emanuele Sartoris sfoggia un pianismo romantico, decadente, aperto al dialogo con i due altri sodali. La violinista Eloisa Manera mette in mostra una cultura ampia, dal classico-contemporaneo al folk, al jazz, e un'inclinazione, come scelta estetica, verso l'area sperimentale. Massimo Barbiero, cui l'etichetta di batterista jazz sta indubbiamente stretta, usa qui tutto il suo strumentario per colorare, sistemare o ricollocare altrove, quanto prodotto da pianoforte e violino. Il trio ha lavorato sulle evocazioni di “Il Maestro E Margherita”, un testo pieno di motivi di dibattito e di riflessione. La tradizione russa, e dei paesi slavi, ha offerto, secondo questo angolo di visuale, un contributo fondamentale alla proposta musicale. Il riferimento a Bulgakov e alla Russia di Prokofiev e Shostakovich è così facilmente riscontrabile e risolto in maniera non certo banale.