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Gotthard Bonell si trova a suo agio in tutti i generi classici della pittura. A partire dagli anni settanta, i suoi soggetti sono ritratti, nature morte, frammenti di corpi e, da alcuni anni, anche paesaggi. Questi generi hanno tutti la stessa valenza, il tema centrale dei suoi dipinti e disegni nonché delle sue grafiche è comunque il corpo umano. Nella sua arte tutto si dispiega sul corpo, egli si concentra totalmente sulla pura fisicità, la carnalità, la lingua muta del corpo, l’elementare cui ci troviamo esposti dalla prima all’ultima ora di vita. Non abbellisce nulla, detesta i sentimentalismi, non fa lo psicologo, confronta l’osservatore senza mezzi termini con l’erotismo e gli orrori della corporeità. L’insieme di pelle, carne, ossa, tendini e nervi è il teatro delle tentazioni oscure, dei travestimenti erotici, ma anche della fugacità e della fragilità dell’esistenza umana. Nel suo nuovo ciclo dal titolo “Risonanze” imbocca una strada del tutto inedita. Per la prima volta si dedica al collage, che con il cubismo è diventato il mezzo sperimentale tout court per l’arte del XX secolo, producendo i più radicali cambiamenti di valore dell’idea dell’immagine. Nella tecnica del collage, sviluppatasi non per caso parallelamente al cinema, elementi estranei al quadro come ritagli di giornale o fotografie vengono inserite in esso, conservando i segni dell’origine dei materiali. Nel suo ciclo Gotthard Bonell riprende la tecnica del collage classica, ma con una differenza fondamentale: non utilizza materiali estranei, ma si cala nel profondo della propria opera. In un complesso processo di ricerca e selezione si immerge nel suo archivio di immagini, per incollare dei frammenti di questi a formare una nuova immagine integrale, trasformando i materiali in un’esplorazione surrealista del preconscio e dell’inconscio. Molto (non tutto) di ciò che ha creato durante la sua carriera artistica viene riestratto dal deposito, incollato, ridipinto, integrato graficamente – il quadro diventa un palinsesto, la somma, lo spazio di risonanza di un’opera della vita. Qui il collage è concepito non tanto come una tecnica artistica, quanto come uno sguardo dentro le spaccature, le fessure e le crepe del proprio mondo di immagini, per portare alla luce ciò che è coperto, occultato e nascosto sotto la superficie. Come mai prima nell’opera di Bonell, nei nuovi quadri entra in gioco la grande bestia di nome “inconscio”. Se i suoi quadri erano finora caratterizzati da una perfetta padronanza dei mezzi e da una precisa elaborazione delle superfici, nei collage egli trascina l’osservatore nell’inconscio dell’arte. Le vie del quale sono intricate, ma anche liberatorie. (Heinrich Schwazer)