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Quando il legno interpreta la roccia dolomitica: le suggestive figure di Matthias Sieff aprono il 2022 al Four Points by Sheraton L’anno appena iniziato porta subito la prima esposizione artistica dal 20 gennaio al 23 febbraio nello spazio-incontri dell’Hotel di via Bruno Buozzi 35 a Bolzano Continuità nel segno dell’arte. Il nuovo anno è appena iniziato e se per tutti la speranza è sempre quella di un rinnovamento, di un cambiamento, con miglioramento delle cose rispetto al precedente, c’è in Alto Adige un ambito per il quale la continuità non può che essere accolta positivamente. L’ambito è quello dell’arte e in particolare il riferimento è alle esposizioni in contesti “extra Galleria”, che ormai da diversi anni caratterizzano le iniziative pensate per il pubblico, non solo per la clientela alberghiera, dall’Hotel Four Points by Sheraton, in via Bruno Buozzi 35 nel capoluogo. Ancora una volta lo spazio incontri al pianterreno dell’albergo bolzanino, l’ampia e luminosa area attigua al B-Bar, ospiterà (apertura per i visitatori negli orari di apertura dello stesso B-Bar del Four Points) le creazioni di un artista della nostra regione, confermando la volontà di dare meritata attenzione al talento creativo made in Trentino Alto Adige. E si può aggiungere che in questo caso si darà spazio all’arte della Ladinia, visto che l’esposizione intitolata “Presenze”, in programma dal 20 gennaio (inaugurazione alle ore 18) al 23 febbraio 2022, avrà come protagoniste assolute le sculture in legno realizzate dall’artista fassano Matthias Sieff. Nato a Mazzin di Fassa, dunque sul fronte trentino della Ladinia, Sieff di fatto inizia con questa mostra i festeggiamenti per un traguardo di vita importante come quello dei quarant’anni, portando alcune delle sue celebri e suggestive figure nello spazio incontri del Four Points by Sheraton. Matthias Sieff: dal talento al percorso formativo-accademico. Classe 1982, Matthias Sieff nasce e vive nel cuore della Ladinia trentina, a Mazzin di Fassa. Si potrebbe dire che non è un caso, visto che il piccolo comune ormai da oltre quattro secoli è noto come il paese dei “pitores”, intesi all’epoca come gli artigiani–decoratori, molti dei quali migrarono portando la loro perizia artistico-artigiana al nord. Matthias ha iniziato la sua formazione creativa frequentando il Liceo artistico di Pozza di Fassa; ottenuto il diploma di “Maestro d’arte” ha poi frequentato il triennio presso la Scuola professionale di scultura a Selva Gardena, ottenendo il diploma di “Scultore del legno” ma soprattutto apprendendo quelle che lui stesso definirà “delle basi tecniche fondamentali, oltre che un’ottima conoscenza anatomica, approfondita anche ai corsi serali di disegno e di plastica con modelli viventi”. Una formazione importante sotto il profilo tecnico ma che ha anche iniziato a trasmettergli quella sensibilità che lo ha portato a frequentare musei, a vedere collezioni d’arte e ad approfondire le nozioni sul patrimonio storico-artistico. Tutte esperienze che lo hanno spinto a proseguire gli studi, con l’obiettivo di frequentare un percorso che lo facesse crescere nelle sue passioni: scolpire, lavorare, plasmare la materia. Così dopo aver superato un esame d’ammissione molto selettivo presso l’Università delle arti applicate di Vienna (Austria), ha intrapreso il ciclo di studi di scultura, “Richtung Bildhauerei”, nella master-class composta da non più di cinque studenti per anno, con colleghi provenienti da diversi Paesi. Quindi, sotto la guida della docente, la professoressa Gerda Fassel, si è laureato brillantemente nel 2006. La ricerca, la figura umana e le montagne. Il cammino creativo di Matthias Sieff si focalizza in particolare su una tipologia di scultura che ormai identifica automaticamente, alla prima occhiata, l’opera dell’artista fassano. Una caratteristica che ben si vedrà nei suggestivi lavori che saranno esposti nella sala incontri dell’Hotel Four Points by Sheraton di Bolzano. La sua ricerca plastica si basa sullo studio del corpo femminile e maschile. Le figure principalmente erette hanno i capi quasi sempre “inespressivi”, un torace voluminoso ben sorretto dalle gambe. “Spesso – è lo stesso Matthias Sieff a spiegare il suo pensiero artistico - le mie figure non presentano le braccia, perché tutto ciò che devono dire, l’essenzialità, è già presente”. Si tratta di figure molto statiche e stabili, con una costruzione nella quale ogni singolo elemento sorregge ed è sorretto, così come un edificio, costruito piano su piano. E alla base di questa filosofia strutturale c’è quasi un piano scientifico-ingegneristico, potremmo dire cartesiano. Lo chiarisce bene l’artista fassano: “Le mie figure – ci dice Matthias Sieff - presentano una costruzione basata sull’incrocio dell’asse orizzontale (X) e l’asse verticale (Y) perpendicolari, che nel solo caso delle recenti “contrapposizioni” si squilibrano, acquisendo angolature oblique, come si vede spesso anche negli edifici moderni e contemporanei. Stessa “storpiatura” degli assi si riscontrano nelle “Liegende Figuren “, tema che ho affrontato e approfondito durante il ciclo di studi e che di recente ho nuovamente ripreso”. Talvolta le sculture di Matthias Sieff, come si potrà vedere bene nei lavori esposti al Four Points by Sheraton di Bolzano, presentano braccia aperte (come ad esempio i vari “Giullari”), per evidenziare maggiormente l’orizzontalità dell’asse X e quindi il contrasto che si crea tra orizzontalità e verticalità. Ma ancora in apertura abbiamo fatto riferimento alle montagne come ispirazione e rilettura della roccia dolomitica nel legno. Per quale motivo? Lasciamo la spiegazione ancora a Matthias Sieff: “Il carattere dominante dei massicci dolomitici – è la descrizione dell’artista - condiziona indirettamente le mie opere. Infatti queste barriere coralline hanno un carattere ben preciso, una monumentalità, una dominanza su ciò che le circonda, elementi che si ritrovano nelle mie sculture. Stesso carattere che si riscontra nei Moai dell’Isola di Pasqua, nelle sculture arcaiche dei “Kuroi” oppure nelle importanti sculture egizie, che presentano dominanza, freddezza, sicurezza”. Consapevolmente Sieff rappresenta le sue figure in una posizione assai statica, in modo che la monumentalità e la solidità sia marcata. Per raggiungere ed elaborare tale risultato, per lui la raffigurazione del corpo deve oltrepassare le proporzioni, ma le forme devono comunque sempre essere in simbiosi tra loro e basarsi sulla natura umana. La forma è semplificata, geometrizzata, deformata, potenziata, ma sempre ancora organica. Le figure devono mantenere la giusta tensione. Dipinge inoltre le opere con colori molto coprenti e brillanti, in modo che anche la superficie esterna assuma la sua importanza. E questo, ecco la conclusione che ci riporta all’inizio, alle radici, è anche un fattore che tiene legato Matthias Sieff alla tradizione locale della sua terra, in quanto i pittori fassani dell’ottocento erano conosciuti per i loro “color da fascian”, ovvero colori molto vivaci e brillanti. La descrizione della mostra “Presenze” nelle parole di Fiorenzo Degasperi. Ecco di seguito, a disposizione dei colleghi giornalisti, la presentazione e l’analisi della mostra “Presenze”, da parte del critico d’arte Fiorenzo Degasperi (che vi prego di citare, in caso di utilizzo anche solo di parte del suo testo). “Le sculture di Matthias Sieff sono presenze lignee, solide, resistenti e materialmente visibili, coinvolgenti il tatto oltre che lo sguardo. Sono presenze vive e mutanti nel tempo, perché il legno – in Grecia definito con la parola hyle, la materia prima – si lascia andare ai cambiamenti della temperatura, modificandosi con il caldo e con il freddo. Queste sculture dall’immediatezza figurativa occupano uno spazio fisico, dilatando l’aura che le circonda, perché il legno è il depositario dello scorrere del tempo e come tale crea una superficie dove sguardo e mente devono entrare con circospezione. Sono figure di animali, figure di persone, figure nate dalla mitologia ladina, dalla natura e dalle molteplici realtà di cui è composto l’universo dell’artista. È questo bagaglio di tradizione e di innovazione che permette a Matthias Sieff di raccontare gli accadimenti del mondo, di far uscire dal legno quelle immagini che sentiamo vicine, in sintonia con il mondo attorno a noi. Perché il legno è sostanza primordiale viva. E ha anche un ruolo sonoro oltre che di “pelle”/corteccia su cui gli antichi druidi scolpivano le loro storie, chiamate altresì ogam. Racchiude i suoni della foresta, accoglie ed espande come un eco gli accadimenti del territorio, assommandoli ai suoi fruscii, battiti e colpi secchi. Anche quando brucia si sentono cantilenare l’agonia e gli ultimi sussulti prima della morte. Dopo, quando è cenere, arricchisce la Madre Terra, contribuendo al sottile gioco universale dell’eterno ritorno, del ciclo della morte e della rinascita. Ben lo sanno i musicisti che ne traggono virtuosismi amplificati da Eco, la ninfa delle montagne perdutamente innamorata di Narciso, trasformata in silenziosa roccia dalla gelosia di Era e costretta a ripetere soltanto le ultime parole. Altresì il legno ha un profondo valore olfattivo: la linfa di alcuni alberi produce oleoresina che, una volta estratta ed essiccata, diventa incenso, caro agli dèi e ai Santi. I principi della menzogna, i demoni, e in particolare quelli malvagi, disdegnano e rifuggono i vapori dell’incenso. Inoltre il profumo aromatico dell’anima del legno diventa memoria olfattiva e, indipendentemente dai contesti, possiede un’insolita forza evocativa e immaginativa. Matthias Sieff è un sapiente manipolatore della materia lignea, figlio di una tradizione ricchissima – i ladini costruttori di giocattoli (chiena), di statue di Santi e di Cristi pensanti che sono diventati Crocifissi sugli impervi sentieri di montagna –, una tradizione che affonda le radici nell’arcaico mondo medioevale. Ma oltre che scolpire, incidere e tagliare, l’artista sa interpretare il cuore e l’anima intuendo che il legno racchiude in sé la memoria del luogo: scolpisce sulla pelle – la corteccia, che nelle sue rugosità racchiude sentieri che si biforcano, incroci, aperture e chiusure – forme che diventano storie e leggenda, testimoni silenziosi dello Zeitgeist, lo spirito del tempo. L’arte comporta sempre una tecnica e una scienza. Quest’ultima implica un aspetto di saggezza che unisce i dati razionali a dei principi universali. Sieff artista e artigiano unisce e ci restituisce attraverso la lavorazione, intelligentemente e concettualmente, le potenzialità insite nel legno, scavalcando separazioni formali frutto di pregiudizi rinascimentali. Un tempo si chiamava artigiano ogni artista che produceva un oggetto, e ogni disciplina che esigeva non soltanto un sapere teorico ma anche un sapere pratico era un’“arte”. La saggezza sta nel riunire quelli che oggi sono diventati due mondi. E Sieff è riuscito a coniugare ciò che il moderno ha separato”.