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“Le persone forzate all'isolamento desiderano interazioni sociali in modo simile a quello in cui un affamato si mette in cerca di cibo”. Così Rebecca Saxe, John W. Jarve Professor in Scienze cognitive e cerebrali, sintetizza i risultati di una ricerca curata dal MIT di Boston per osservare gli effetti della “bolla sociale” che ha avvolto le persone come conseguenza del distanziamento e delle raccomandazioni a non frequentarsi in presenza.
Questo desiderio d’interazione sociale prende quindi i connotati di un bisogno radicale quanto quello di nutrirsi, un bisogno di uscire dalla bolla sociale che, come una gabbia, ci ha costretto alla solitudine o alla convivenza forzata.
Questo il tema principale che esplode nel dittico A casa allo zoo: Homelife e The Zoo Story, opera composta di due atti unici messi in dialogo da Edward Albee a distanza di quasi cinquant’anni uno dall’altro.
Le lame affilate che in Homelife sono squisitamente verbali prendono violenza fisica in The Zoo Story e ritraggono un’umanità sola, isolata, disabituata a comunicare e condividere, in un modello di mondo materialistico fatto di disparità sociali e disumanizzazione. Il tutto raccontato da Albee con la consueta maestria dialettica e un linguaggio in cui domina un’amara ironia.
A casa allo zoo:
Homelife e The Zoo Story
di Edward Albee
regia Bruno Fornasari
con Tommaso Amadio, Valeria Perdonò e Michele Radice
produzione Teatro Filodrammatici di Milano e Viola Produzioni