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Già richiesto nei teatri di tutto il mondo, il testo è un atto unico di squassante semplicità, un’intervista della filosofa, scrittrice e politologa Hannah Arendt a colui che più di tutti incarna la traduzione della violenza in calcolo, in disegno, in schema effettivo. Nel 1960 viene arrestato in Argentina Adolf Eichmann, il gerarca nazista responsabile di aver pianificato, strutturato e dunque reso possibile lo sterminio di milioni di ebrei. Dai verbali degli interrogatori a Gerusalemme, dagli atti del processo, dalla storiografia tedesca ed ebraica oltre che dai saggi di Arendt, Stefano Massini trae questo dialogo teatrale di feroce, inaudita potenza. Alla loro prima collaborazione, Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon sono gli straordinari interpreti che danno anima e corpo a questo dialogo di agghiacciante intensità diretto da Mauro Avogadro. Eichmann ricostruisce tutti i passaggi della sua carriera travolgente con Hitler e Himmler raccontati come mai prima. Da una promozione all’altra, in un crescendo di prestigio e stipendio, si compone lentamente il quadro della Soluzione Finale, qui descritta nel suo aspetto più elementare di immane macchina organizzativa: come si sperimentò il gas?
Quando fu deciso l’inizio dello sterminio? Come si gestiva in concreto l’orrore di Auschwitz? Ed ecco prendere forma, passo dopo passo, una prospettiva spiazzante: Eichmann non è affatto un mostro, bensì un uomo spaventosamente normale, capace di stupire più per la bassezza che per il genio. Incalzato dalle domande della filosofa tedesca, egli si rivela il ritratto squallidissimo dell’arrivismo, della finzione, del più bieco interesse personale, ma niente di più. Uno qualunque, altro che monumento criminale. È mai possibile che l’uomo più temuto da milioni di deportati, fosse un essere così vicino all’uomo medio? Ma è proprio qui, in fondo, che prende forma il male: nella più comune e insospettabile piccolezza umana.
di Stefano Massini con Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon regia Mauro Avogadro musiche Gioacchino Balistreri scene Marco Rossi costumi Giovanna Buzzi luci Michelangelo Vitullo
produzione Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile del Veneto
Riprendendo il format che ha spopolato durante la passata edizione di FUORI!, Marco Brinzi e Caterina Simonelli tornano a percorrere le strade dell’Alto Adige a bordo del loro risciò, questa volta nei panni di Vladimiro ed Estragone, due classici personaggi teatrali assurdi e poetici, protagonisti di Aspettando Godot del premio Nobel Samuel Beckett. Nella cultura popolare Aspettando Godot è divenuto sinonimo di una situazione (spesso esistenziale) in cui si aspetta un avvenimento che dà l’apparenza di essere imminente, ma che nella realtà non accade. A due anni ormai dalla comparsa del Coronavirus i nostri protagonisti sembrano, forse, attendere la fine della pandemia che tarda ad arrivare. Aspettano… e nel frattempo, vivendo in questa situazione di incertezza, hanno dimenticato chi sono e perché sono lì di fronte ad altre persone. Ecco che Estragone e Vladimiro provano a mettere in scena - con l’aiuto del pubblico - alcuni dei passaggi più significativi della letteratura teatrale per capire di quale autore possano essere figli e soprattutto il motivo per cui da un libro siano fuoriusciti finendo nelle piazze. Sono nati grazie a Shakespeare? Improbabili Romeo e Giulietta vestiti da barboni? Rosencratz e Guildersten dell’Amleto in visita al principe di Danimarca? Forse sono Don Chisciotte o Sancho Panza assieme all’amata Dulcinea avvistata e chiamata dal pubblico, oppure Don Giovanni e Sganarello del famoso Moliére? Queste e tante altre coppie celebri della letteratura vengono portate in scena nei loro dialoghi più famosi per capire chi mai potrebbero essere questi due personaggi e soprattutto cosa stiano aspettano. Il pubblico è chiamato ad aiutare i due personaggi grazie ai testi e ai libri presenti a bordo del risciò e prendendo parte agli sketch improvvisati come protagonista. Aspettando Risciò è un invito esplicito a giocare assieme (attori e pubblico) grazie alla letteratura e al teatro. Di e con Marco Brinzi e Caterina Simonelli produzione TEATRO STABILE DI BOLZANO e COMPAGNIA IFPRANA
Questa cosa che sembra me è uno spettacolo di parole, tra stand up comedy e poesia. Un uomo sul palco si interroga in modo intimo e autoironico insieme al pubblico: che cosa siamo diventati? Perché, quando ci guardiamo allo specchio, non ci riconosciamo? Chi sono queste creature che un tempo eravamo noi, ma ora sono talmente stanche, spaventate, esauste da non sapere più chi sono? Questa cosa che sembra me è una specie di autoterapia, un tentativo di tornare ad essere noi stessi. Per farlo, ci sarà bisogno di affrontare tutti i nostri demoni, soprattutto quelli che non sapevamo esistessero, ma che già subiamo: dalla FOMO (la paura di perdersi qualcosa che ci spinge a fare tutto, e farlo male) alla revenge bedtime procrastination (il rimandare il momento di andare a dormire guardando un video dopo l’altro), ai tentativi di spezzare questi cicli andando in terapia, o, forse meglio, imparando a suonare l’ukulele (male). Come in una sorta di concerto senza musica, in una lingua poetica fresca e pop, pezzi poetici e riflessioni agrodolci si alternano in un rapporto aperto e diretto con il pubblico, a costituire un monologo Un monologo poetico con tracce comiche di e con Lorenzo Maragoni produzione TEATRO STABILE DI BOLZANO
Questa cosa che sembra me è uno spettacolo di parole, tra stand up comedy e poesia. Un uomo sul palco si interroga in modo intimo e autoironico insieme al pubblico: che cosa siamo diventati? Perché, quando ci guardiamo allo specchio, non ci riconosciamo? Chi sono queste creature che un tempo eravamo noi, ma ora sono talmente stanche, spaventate, esauste da non sapere più chi sono? Questa cosa che sembra me è una specie di autoterapia, un tentativo di tornare ad essere noi stessi. Per farlo, ci sarà bisogno di affrontare tutti i nostri demoni, soprattutto quelli che non sapevamo esistessero, ma che già subiamo: dalla FOMO (la paura di perdersi qualcosa che ci spinge a fare tutto, e farlo male) alla revenge bedtime procrastination (il rimandare il momento di andare a dormire guardando un video dopo l’altro), ai tentativi di spezzare questi cicli andando in terapia, o, forse meglio, imparando a suonare l’ukulele (male). Come in una sorta di concerto senza musica, in una lingua poetica fresca e pop, pezzi poetici e riflessioni agrodolci si alternano in un rapporto aperto e diretto con il pubblico, a costituire un monologo Un monologo poetico con tracce comiche di e con Lorenzo Maragoni produzione TEATRO STABILE DI BOLZANO
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