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Cantiere Paolo Rossi è un viaggio di affabulazione teatrale tra palcoscenico e vita reale, dai segreti del lavoro d'attore, agli incontri umani e artistici che hanno segnato la carriera del comico monfalconese. Paolo Rossi ha avuto al suo fianco maestri a dir poco illustri che l’hanno aiutato e guidato e hanno contribuito a forgiare il suo inconfondibile modo di fare teatro, pirotecnico, funambolico, irriverente e a volte velato da una sana malinconia. Stiamo parlando di Dario Fo, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Carlo Cecchi, senza dimenticare Giorgio Strehler che lo spinse a confrontarsi con la maschera di Arlecchino, un Arlecchino più infernale e sulfureo.
«Nella mia lunga carriera ho avuto la fortuna di avere tanti maestri e Dario Fo è stato il primo. Lo devo ringraziare perché si faceva rubare i trucchi del mestiere. Il suo metodo era proprio questo, sulla scena ti insegnava per poi farti andare avanti da solo. Questo fa un maestro».
In uno “spettacolo- lezione aperta”, Rossi illustra il suo percorso creativo che si nutre di grandi classici e di vita; di trucchi e tecniche teatrali appresi in anni di teatro a stretto contatto con il pubblico.
«Il mio metodo – sottolinea l'attore – privilegia il processo creativo più del risultato finale. Quando assisti a spettacoli di teatro all'improvviso, il brivido che hai le prime sere, diciamo del concepimento, è diverso, in alcuni momenti anche superiore a quando il risultato è ben confezionato, quando hai già una macchina rodata: perché sei senza rete. Paradossalmente è più imperfetto ma più vivo».
Guitto, mattatore, autore e attore, Rossi è anche un professionista che – assieme al pubblico - riflette – sempre in maniera corrosiva e graffiante – sulla sua attività di attore e performer. E il suo lavoro è molte cose insieme: arte, che richiede la dignità; artigianato, cui può applicarsi un metodo; mestiere, con una tradizione e dei maestri; e politica, non solo per quel che si dice in scena ma anche per il modo in cui si lavora, per il tipo di attenzione alla realtà.