Il mago delle percussioni cerca un museo - Max Castlunger, suonatore e collezionista, ha bisogno di spazi espositivi

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Il cahon era una cassa per trasportare i pesci, l’udu un vaso di terracotta per acqua o riso, le steel drums erano bidoni di petrolio, ma ci sono anche le pentole o i vasi di fiori, le piastrelle e i calici cui viene aggiunta una pelle.

Ogni strumento percussivo cela una storia di vita e una precisa idea di società, specie se lo racconta Max Castlunger, musicista badiota formatosi a Bologna dove iniziò a suonare professionalmente con Andrea Mingardi che aveva dedicato un disco alle canzoni di Ray Charles.
Da inesausto suonatore, costruttore, collezionista, divulgatore e maestro di percussioni quali valenze formative vi scorgi?
Tanti strumenti derivano da materiali riciclati o da oggetti d’uso quotidiano, magari come riflesso di assurdi divieti di fare musica e possedere strumenti. I generi moderni contengono tutti un groove che ci è comunque arrivato dall’Africa, dunque dal pensiero di un’altra cultura, aiutandoti a capire quanto sia stupido chiudersi dentro e cedere ai nazionalismi. I piatti delle nostre bande di paese sono stati creati dagli armeni, oggi Laura Willeit traduce bosse nove in ladino, mostrando come può trasporne letteralmente le frasi in quella lingua.
Ci descrivi il clima dei tuoi laboratori didattici e spettacoli presso le scuole?
In gruppi di venti bambini devi seguire delle regole, dei valori che implicano anche rispetto di quello che stanno facendo gli altri. Poi riesci a percepire la potenza del gruppo, che l’unione fa la forza se si suona tutti lo stesso ritmo. Unire studenti di origini diverse facendo un’attività sana e ricreativa come la musica è il mio scopo. Riscontro differenze tra scuole di paese e di città, chi vive libero e chi in contesti ridotti, tra classi italiane e tedesche dove i cliché delle due culture un po’ si riflettono sui figli. I badioti a dispetto del loro essere chiusi nelle loro valli sono più aperti al mondo: mi ha sorpreso che ultimamente abbiano espresso, benché benestanti, una chiusura netta nei confronti dei migranti…
Progetti?
Da anni cerco di fare un museo interattivo della musica, dove esporre la mia collezione di percussioni: mi manca solo un maso o uno spazio, al punto che approfitto per lanciare un appello in tal senso. L’ultimo disco è quello per arpa e percussioni che ho registrato lo scorso anno con Nartan Savona, un milanese che vive qui e ha fondato la propria etichetta, Harpfully. A novembre inciderò per la casa discografica di Herbert Pixner, la Three Saints Records di Innsbruck, insieme al Jam Music Project.

CHI È MAX CASTLUNGER
Musicista, insegnante di musica e collezionista di strumenti musicali etnici, il badiota Max Castlunger (40 anni a dicembre) dopo il diploma si trasferisce a Bologna per frequentare la facoltà di Lingue. Il suo percorso musicale inizia con il clarinetto, che suona per 11 anni nella banda musicale del paese, poi conosce le percussioni che diventano la sua ragione di vita e la sua professione. Castlunger colleziona percussioni e flauti provenienti da varie parti del mondo e oltre ad una ricca attività concertistica svolge anche corsi nelle scuole. Ha al suo attivo infinite collaborazioni musicali, a cominciare da quella con Andrea Mingardi. Nel 2011 ha inaugurato a Settequerce la sua prima sala espositiva privata permanente.

[D.B.]

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